La Cannabis terapeutica è una delle sostanze che può essere somministrata ai malati inguaribili durante la terapia del dolore, ossia l’insieme delle terapie farmacologiche finalizzate alla soppressione e al controllo del dolore, che rientrano nell’ambito più generale delle cure palliative. Nel corso degli anni sono stati effettuati molti studi sull’uso dei cannabinoidi a scopo medico e sui loro effetti collaterali: cercheremo di fare un po’ di chiarezza su questo tema, spiegando innanzitutto cosa sono i cannabinoidi, da quanto tempo sono utilizzati e qual è l’uso terapeutico che se ne fa in Italia.
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I cannabinoidi sono sostanze chimiche di origine naturale accomunate dalla capacità di interagire con i recettori cannabinoidi di tipo 1 e/o di tipo 2, ossia delle proteine prodotte dal nostro organismo, che se stimolate producono un effetto analgesico. Si distinguono in tre tipi:
Il THC è uno dei più noti principi attivi della Cannabis ed è il principale responsabile dei suoi effetti psicoattivi, tanto che la potenza della pianta è definita in termini di concentrazione (%) di THC; non è chiaro invece il preciso meccanismo del CBD, che sembrerebbe modulare alcuni effetti del THC, prolungando e potenziando altre proprietà biologiche.
L’uso della Cannabis a scopo ricreativo è illegale e non ha nulla a che vedere con l’uso medicinale, che invece è stato introdotto in Italia con il decreto legislativo 18 aprile 2007 e confermato dal decreto ministeriale 25 giugno 2018, con cui è stato ratificato l’uso di medicinali a base di Cannabis nella terapia del dolore.
Gli effetti terapeutici dei cannabinoidi sono noti sin dall’epoca precristiana, quando vari popoli tra cui cinesi, indiani, arabi e assiri la utilizzavano per curare moltissime patologie, dal mal di testa all’epilessia, fino ai calcoli renali e l’artrite. In Europa fu introdotta dai musulmani, prima in Spagna intorno al 1.150 d.C. e poi in Italia, ma i riferimenti al suo uso in campo medico sono molto scarsi.
L’introduzione della Cannabis nella medicina occidentale risale al XIX secolo ad opera di due importanti medici, William B. O’Shaughnessy e Jacques-Joseph Moreau, che riconobbero il valore terapeutico di questa sostanza, tanto che nella seconda metà del secolo vennero pubblicati oltre 100 articoli su questo argomento, sia in Europa che negli Stati Uniti. Nel XX secolo ci fu una significativa riduzione dell’uso della Cannabis terapeutica, dovuta da un lato all’introduzione del proibizionismo, dall’altra alla difficoltà di replicare i suoi effetti a causa dell’estrema variabilità dell’efficacia dovuta alle diverse tipologie di pianta esistenti.
Tuttavia, risalgono al secolo scorso due importanti scoperte che dettero nuova linfa alle ricerche scientifiche in questo ambito: nel 1964 fu isolato e sintetizzato il THC, mentre tra il 1990 e il 1993 vennero scoperti i recettori CB1 e CB2, in grado di interagire con i cannabinoidi. Dagli anni ’90 ad oggi il numero di pubblicazioni scientifiche che si occupano di studiare e analizzare l’uso terapeutico della Cannabis è in continua crescita.
La varietà di Cannabis ad uso medico è la Cannabis FM2, coltivata in Italia esclusivamente nello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La produzione di questa sostanza è sottoposta a rigidi controlli, al fine di garantire la certificazione per uso farmaceutico in ambito europeo e la standardizzazione della raccolta, che deve assicurare una presenza molto equilibrata di cannabinoidi (5-8% di THC e 7,5-12% di CBD).
L’uso medico della Cannabis non può essere considerato una terapia vera e propria, ma un trattamento sintomatico di supporto ad altri farmaci usati nella terapia del dolore, quando questi non hanno prodotto gli effetti desiderati oppure hanno provocato effetti secondari non tollerabili.
La Cannabis terapeutica viene usata principalmente per i seguenti scopi:
Molti studi confermano una diminuzione del dolore grazie all’uso dei cannabinoidi, tuttavia ad oggi non si è raggiunto un buon livello di significatività statistica dei suoi effetti terapeutici, tale per cui si possa asserire con assoluta certezza che questa sostanza possa sostituire altri farmaci per la terapia del dolore.
L’uso della Cannabis è ancora molto controverso nel nostro Paese, anche per via dei suoi numerosi effetti collaterali, specie nei giovani e nelle categorie più fragili. Va detto però che non ci sono molte informazioni circa gli effetti collaterali della Cannabis a uso medico, per cui la gran parte di questi vengono dedotti dall’osservazione del consumo ricreazionale, secondo cui la Cannabis può provocare:
Alla luce di queste informazioni, è molto importante che il medico curante tenga conto del rapporto rischio/beneficio nell’uso medico della Cannabis, considerando che le principali controindicazioni riguardano:
Gli impieghi di Cannabis ad uso medico sono presenti in molti studi scientifici internazionali, tuttavia i risultati di questi studi non sono conclusivi circa la sua efficacia, perché le evidenze scientifiche sono scarse e con risultati contradditori. L’indicazione che viene perseguita è quindi quella di proseguire con le ricerche, al fine di ottenere evidenze definitive a supporto di un favorevole rapporto rischio/beneficio.