«Spesso mi chiedo “ma nelle città in cui non c’è VIDAS… come fanno le famiglie?».
Barbara conosce i medici e gli infermieri di VIDAS quando sua mamma si ammala di tumore. «Nel momento in cui è stata definita incurabile, loro sono venuti a casa nostra, si sono presi cura di lei, sempre gentili; sorridenti ma mai sfacciati; disponibili, giorno e notte. Sono rimasti fino alla fine, con rispetto, riconoscendo e affermando la dignità di ogni respiro. Anche dell’ultimo».
Commossa, Barbara non risparmia parole di elogio per chi le è stata accanto nel momento più difficile. «Gli operatori di VIDAS sono degli angeli che piombano in casa in un momento tragico tra dolore e preoccupazione. Per loro farei qualsiasi cosa: le campagne di Natale, la raccolta fondi, la donazione mensile, persino destinare una parte della mia eredità ai loro progetti».
La decisione di fare testamento e inserire VIDAS tra i beneficiari, Barbara, l’ha maturata un paio di anni fa. Poco prima dei cinquant’anni e dopo che anche suo padre si è ammalato dello stesso male che tre anni prima aveva portato via la madre.
Quando è giunto il momento, non ha esitato a ricontattare VIDAS: «È tornato il medico che aveva accudito la mamma. Mi ha emozionato vedere le stesse mani accarezzare anche il volto di papà, ormai stanco. La vita inizia proprio con una carezza e con una carezza si conclude. Nel caso dei miei genitori, la loro esistenza si è conclusa con questo gesto che è stato compiuto da me e dagli operatori di VIDAS. Capisce il valore della loro presenza? Quelle mani sono state il simbolo di una prossimità accogliente e mai prevaricante».
Barbara ha condiviso la decisione di fare un lascito a VIDAS col compagno e alcune amiche: «Ho condiviso la mia scelta con riserbo, con pudore. In un mondo dove morte e malattia sono tabù non ci sono tante occasioni per scoperchiare questo tema. Ma in fondo non c’è nulla di male a fare del bene».
Approfondendo i motivi della sua decisione, spiega: «Sicuramente questa scelta di fare un lascito a VIDAS nasce da un sentimento di gratitudine e riconoscenza nei confronti dell’associazione, per l’aiuto offerto a me che sono figlia unica e quindi unica caregiver, e a entrambi i miei genitori malati incurabili. Ma non è solo questo, non è solo un do-ut-des: voi avete dato a me e io ridò a voi. C’è di più.» Cos’è allora questo “di più” che sente?
«Il desiderio che anche altre persone possano incontrare i medici, gli infermieri, i fisioterapisti, gli operatori sociali di VIDAS, e ricevere un supporto così speciale e importante, in momenti difficilissimi. In me è forte la consapevolezza che il servizio da loro offerto non sia solo prezioso ma ineguagliabile»