Il caregiver familiare è una persona, solitamente un membro della famiglia, che si prende cura di un parente o di un conoscente affetto da una malattia cronica, da una disabilità o da una condizione che richiede assistenza a lungo termine. Svolge dunque diverse attività di cura e assistenza, come la somministrazione di farmaci, l’assistenza nelle attività quotidiane, il monitoraggio della salute, l’organizzazione delle visite mediche, per non parlare del supporto emotivo. Solitamente, infatti, i caregiver si occupano sì delle esigenze di base delle persone assistite, ma offrono loro anche compagnia e sostegno emotivo. Questo ruolo può richiedere tempo, dedizione e sacrificio, e può avere un impatto significativo sulla vita personale e professionale della persona. Come può sopravvivere il caregiver a tutto questo? Cerchiamo di capire come affrontare questo delicato momento dell’esistenza, per provare a viverlo il più serenamente possibile, evitando che degeneri in patologie o altri problemi. Prima, però, vi raccontiamo la storia di Katia, una super caregiver, e sua figlia Virginia.
Katia e Virginia sono due donne in carico di cui l’équipe di Casa Sollievo Bimbi si prende cura: della mamma per imparare a riconoscere i propri bisogni, della figlia per aumentare l’interazione con il mondo. Incontriamo Katia un martedì mattina nel day hospice pediatrico di VIDAS. Una delle cose che più colpisce di lei è la naturalezza con cui racconta della malattia della figlia, che si muove con una sedia a rotelle e non parla. Katia è una delle “nostre” mamme, e la sua Virgi ha quasi 16 anni, malata da altrettanti e senza diagnosi, portatrice di una forma di ritardo neuropsicomotorio che può dipendere, secondo un’ipotesi fatta a posteriori, da un virus contratto in sala parto.
La loro è una storia di convivenza lunghissima con le crisi improvvise e i ricoveri d’urgenza, con punte di gravità, vissute come ordinarie, che arrivano fino al coma e alla rianimazione. Katia e Virginia hanno perso il marito e papà sei anni fa, per un cancro al colon. Mentre Katia parla e racconta delle loro “peripezie”, usando una parola che sembra uscita da un libro di avventure per ragazzi, è difficile non pensare a lei come la quintessenza di un caregiver: in allerta tutti i giorni, 24 ore al giorno, per 5.500 giorni e notti.
La voce di Katia non perde di leggerezza neanche quando racconta della malattia del marito o quando accenna a come ha conosciuto i responsabili dell’équipe pediatrica VIDAS:
“Ho incontrato Federico (Pellegatta, responsabile degenza Casa Sollievo Bimbi, ndr), il dottor Catalano (Igor, responsabile medico di Casa Sollievo Bimbi, ndr) e Alberto (Grossi, assistente sociale in capo all’équipe pediatrica, ndr) nell’agosto 2018. Casa Sollievo Bimbi non era ancora aperta, ma mi hanno spiegato il progetto. In quella circostanza, dopo una crisi gravissima, Virginia era stata intubata, ma non era possibile farlo di nuovo. Dato questo scenario, mi hanno proposto un aiuto diverso e alternativo al pronto soccorso e alla rianimazione”.
Virginia, ormai adolescente e che quasi quattro anni fa sembrava non poter sopravvivere a un’altra crisi, oggi è ancora qui. Ogni martedì mattina, dallo scorso maggio, lei e la mamma hanno una lunga sessione di fisioterapia e di neuropsicomotricità nel day hospice di Casa Sollievo Bimbi. Le è stata indicata da Chiara Fossati, medico del San Gerardo di Monza, che ha in carico Virginia dal 2009. Per Katia, Casa Sollievo Bimbi è una seconda casa:
“Un posto da vivere dentro, dove ricevo aiuto su tutti i livelli, non soltanto dal punto di vista clinico. Mi stanno aiutando anche a inserire Virginia al centro diurno vicino a casa, adesso che non può più andare a scuola, perché ha superato l’età dell’obbligo”.
Katia è felicissima dei progressi di Virginia:
“Ha un programma speciale che applica terapie di comunicazione aumentativa. Le insegnano a scegliere, gestendo le alternative tra due possibilità. L’obiettivo è di portarla a essere un po’ più autonoma nelle decisioni che deve prendere quotidianamente. Lavora con gli educatori, le fisioterapiste e, da quando è arrivato, con William, lo psicomotricista”.
Katia non si sente più sola e ammette di aver superato se stessa lasciando Virginia da sola qui per una notte.Anche i caregiver hanno bisogno di una vacanza ogni tanto!
“Il mio prossimo traguardo è salire a tre notti e, poi, a quindici”.
Quando le chiedi come si vede, la sua risposta rimanda forza e amore:
“Credo di essere molto, molto, molto, molto fortunata. Indipendentemente da quello che è successo a Virginia, che è più carta che ragazzina, l’equivalente di dieci libri da 200 pagine tra lettere di ricovero, dimissioni, prescrizioni varie. A vivere con lei si impara il significato vero delle parole. Sai cosa sono i sentimenti, cos’è l’amore, cos’è la rabbia. Incondizionati”.
Essere un caregiver può essere un compito impegnativo e stressante, ma ci sono diverse strategie che possono aiutare ad affrontare questo ruolo e a prendersi cura di se stessi:
Ricordate che prendersi cura di se stessi non è egoismo, ma una necessità per sostenere efficacemente il proprio ruolo di caregiver.