Cure palliative e Covid sono un’evidente contraddizione in termini. Le prime pretendono vicinanza, partecipazione, donarsi all’altro; il secondo esige distanza fisica, pena la salute. Che fare se si è volontari, che nella prossimità al malato individuano le ragioni del proprio prezioso contributo?
Se lo è chiesto Roberta Brugnoli, responsabile in VIDAS della loro formazione, che ha chiamato i volontari dell’associazione a partecipare a una ricerca che non a caso reca un titolo emblematico: ‘Cure palliative, queste (s)conosciute’. Evidenti gli scopi: indagare la conoscenza e percezione sociale delle cure palliative e promuovere il ruolo del volontariato anche in ambito di sensibilizzazione culturale.
Le interviste telefoniche, condotte tra aprile e giugno 2021 da 69 volontari, opportunamente formati, hanno coinvolto 467 persone.
Se alla prima domanda (Hai mai sentito parlare di cure palliative?) solo il 3% risponde Mai, resta un non trascurabile 20% che mostra una vaga conoscenza (Qualche volta).
Nonostante i quesiti sugli ambiti d’intervento (Dove si fanno le cure palliative e a chi si rivolgono?) indichino maggiore consapevolezza, persistono perplessità non secondarie sul miglioramento della qualità della vita e sulla presa in carico del nucleo familiare coinvolto.
Dubbi che trovano riscontro nella difficoltà, dinnanzi al quesito su quali siano i professionisti coinvolti nelle équipe assistenziali, di indicare i medici, sia palliativisti (22,8%) sia di medicina generale (13,9%), mentre in primo piano nelle risposte spontanee restano infermieri (44,4%) e psicologi (45,1%).
Il lavoro di sensibilizzazione sta dando buoni frutti se ora c’è una robusta maggioranza convinta che le cure non somministrano farmaci inutili, non praticano l’eutanasia, non accorciano la vita. Resta una non breve strada da percorrere sulla consapevolezza che le cure possono migliorare la qualità della vita del paziente e non vengono attivate solo quando non c’è più nulla da fare.
Il generoso contributo dei volontari è stato oggetto d’attenzione al convegno della Società di Cure Palliative (per approfondire: sicp.it).
“C’è ancora molta strada da percorrere – osserva Roberta– ma in queste cifre e percentuali io vedo che il lavoro di sensibilizzazione comincia a dare i suoi frutti. Auspico che altri possano replicare la nostra esperienza. Un diritto acquisito, quello delle CP, che si rafforza con la consapevolezza e la cultura di ciascuno di noi”.