Alimentare un malato inguaribile nell’ambito delle cure palliative non significa solo “dargli da mangiare”, ma rientra in un contesto più ampio che prevede la presa in carico globale del suo corpo e del suo spirito, al fine di migliorare la sua qualità di vita. Insieme a Sabrina, dietista che collabora con VIDAS, cercheremo di capire come si raggiunge questo obiettivo anche attraverso l’alimentazione artificiale e come si stabilisce il corretto apporto nutrizionale in persone che sono nella fase finale della loro vita.
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La nutrizione artificiale (NA) è un trattamento medico che subentra nel momento in cui il paziente non è in grado di alimentarsi e idratarsi adeguatamente in maniera naturale, permettendogli quindi di assumere i nutrienti di cui ha bisogno.
Ci sono due tipi di alimentazione artificiale:
La nutrizione artificiale si può integrare con l’alimentazione per bocca, se ancora è possibile, oppure può essere usata in maniera esclusiva.
Il tema della nutrizione nel fine vita è molto delicato e complesso, perché implica una serie di fattori legati all’emotività, ai ricordi, ma anche al senso di dignità e al rapporto con i propri familiari; spesso questo argomento è motivo di discussione tra la persona malata e i suoi cari, che difficilmente riescono ad accettare la sua progressiva distanza da tutto ciò che è terreno, incluso il cibo. Ecco perché è molto importante intervenire tempestivamente per poter valutare lo stato nutrizionale dei pazienti e riconoscere quelli a rischio di malnutrizione.
Sabrina, dietista, ci spiega meglio questo aspetto:
“La malnutrizione per difetto è purtroppo molto presente in questi soggetti e rappresenta uno stato patologico che peggiora il quadro clinico e la qualità di vita del paziente. Riconoscere i pazienti malnutriti o a rischio di malnutrizione è dunque indispensabile per affrontare nel modo migliore la progressione della malattia. In questo il dietista darebbe un apporto fondamentale all’équipe di cure palliative”.
Per stabilire il corretto apporto nutrizionale ci vengono in aiuto le linee guida nazionali/internazionali a seconda dell’età, del sesso, delle condizioni e della patologia che il paziente presenta. Spesso, risulta difficile riuscire a raggiungere l’apporto nutrizionale per la presenza di problematiche come ad esempio inappetenza, vomito o difficoltà nella deglutizione: in questi casi si può ricorrere all’utilizzo di supplementi che ci aiutano a dare un surplus di calorie e nutrienti.
Il dietista mette a disposizione dell’equipe e del paziente le sue competenze al fine di effettuare una valutazione dello stato nutrizionale mediante un’analisi antropometrica (peso, altezza, bmi/curve di crescita, circonferenze, pliche cutanee), così da stimare i fabbisogni nutrizionali e verificare se questi sono raggiunti.
“In caso sia necessario un intervento, mi occupo poi di definire quale terapia nutrizionale può essere messa in atto per raggiungere le necessità del paziente. E ovviamente poi c’è la parte del monitoraggio nel tempo – soprattutto in Casa Sollievo Bimbi i pazienti vengono seguiti per diversi mesi e talvolta anni – in modo da verificare la corretta attuazione delle indicazioni. Un aspetto fondamentale qui è il ruolo della famiglia, che va assolutamente coinvolta nella gestione della terapia dietetica attraverso percorsi di educazione alimentare”.
Per accanimento terapeutico si intende un irragionevole eccesso nelle cure, attraverso terapie che non portano alcun giovamento al paziente. La stessa nutrizione artificiale può contribuire alla guarigione e alla stabilità clinica del paziente, migliorando l’efficacia delle terapie specifiche, o essere trattamento futile o accanimento terapeutico a seconda del contesto clinico. Pertanto, è difficile definire se l’intervento di nutrizione artificiale possa essere definito ‘accanimento terapeutico’, perché ogni situazione va valutata singolarmente.
Sabrina ci spiega quanto questo tema sia complesso:
“Resta comunque una tematica delicata, che va trattata da esperti in materia, e tutelata dal consenso informato condiviso tra medico e paziente, onde evitare che l’applicazione della nutrizione artificiale si possa associare a rischi di accanimento terapeutico o di mancato trattamento”.
Infine, abbiamo chiesto alla nostra dietista di spiegarci se ci sono differenze nella somministrazione di alimentazione artificiale negli adulti e nei bambini:
“Aldilà delle diverse modalità di somministrazione, e tipologia di alimenti adeguati all’età, probabilmente la differenza non c’è! Che si tratti di un adulto o bambino, che si tratti di alimentazione naturale o artificiale, la nutrizione nelle cure palliative assume un ruolo e un significato diverso: qui, ancora una volta, l’obiettivo non è la guarigione, ma garantire la migliore qualità di vita possibile”.