Ogni due anni VIDAS è oggetto di valutazione da parte dei caregiver dei pazienti. Un appuntamento che, da un lato, rappresenta un obbligo di legge per mantenere i requisiti dell’accreditamento e, dall’altro, in senso più pieno per l’organizzazione, offre spunti di riflessione sulla percezione del servizio offerto.
Su un campione di oltre 500 caregiver di pazienti adulti, ovvero di persone decedute nell’anno precedente all’indagine – i cui caregiver sono per la metà figli, a cui seguono coniugi, fratelli e altre figure – e di 22 per i pazienti pediatrici, tutti genitori, con il distinguo importante che una parte sono padri e madri di piccoli ancora assistiti, i dati emersi sono più che soddisfacenti, a tratti eccezionali.
VIDAS riceve punteggi che si attestano mediamente oltre il 9 e sfiorano anche il 10 su molti degli elementi valutati: dal giudizio sul colloquio con l’assistente sociale ai tempi di attivazione del servizio, all’incontro con l’équipe, alla valutazione di operatori e volontari alla qualità dell’assistenza in generale.
Abbiamo chiesto a Giada Lonati, direttrice sociosanitaria, un commento sui dati: “Rispetto al mondo degli adulti, è Casa VIDAS a ricevere punteggi leggermente più bassi, scotto pagato sia all’emergenza pandemica che ha imposto molte restrizioni alla libertà sia a un conflitto in seno all’équipe che ha avuto effetti sul clima emotivo generale. Ancora: molti servizi restano poco compresi e utilizzati, in particolare il sostegno al lutto, su cui pure abbiamo lavorato. Aumenta, tra i caregiver, la consapevolezza della diagnosi del proprio familiare e la conoscenza delle cure palliative. Cresce anche la richiesta di badanti, indice, forse, di un’aumentata fragilità sociale”.