“L’occhio del lupo” di Daniel Pennac è una favola per bambini incentrata sulla bellissima e intensa amicizia tra Lupo Azzurro, un lupo cieco da un occhio che vive in uno zoo, e Africa, un ragazzino giramondo e cantastorie. Questo breve racconto di sole 110 pagine, pur nella sua semplicità, ha un significato molto profondo e ci permette di fare alcune riflessioni sul concetto di empatia tra medico e paziente e sui giusti atteggiamenti di un terapeuta che opera nell’ambito delle cure palliative.
Nel libro Pennac racconta lo straordinario incontro tra un ragazzo e un lupo d’Alaska, catturato dieci anni prima e rinchiuso nel recinto di uno zoo. Il ragazzo, immobile davanti al lupo, silenzioso e attento al suo incedere, attende pazientemente che il lupo sia pronto per dialogare con lui. Ma quando finalmente il lupo si ferma e si siede davanti al ragazzo posando il suo sguardo su di lui succede l’inevitabile: il lupo si sente a disagio. L’animale, infatti, ha solo un occhio mentre il ragazzo ne ha due. L’occhio del lupo fissa prima l’occhio destro del ragazzo e poi il sinistro spostandosi dall’uno all’altro sempre più velocemente… finché dall’occhio chiuso spunta una lacrima che esprime tutta la sua impotenza e la sua collera. Ed è a questo punto che il ragazzo compie un gesto – inatteso – che calma il lupo, mettendolo finalmente a suo agio: chiude un occhio.
A quel punto tra i due si crea un’empatia tale per cui si ritrovano a rivivere, attraverso i reciproci racconti, la straordinaria vita passata dell’altro, superando ogni diffidenza e paura e creando un rapporto indissolubile di fiducia e amicizia.
È interessante come quel gesto di grande apertura che Africa compie nei confronti di Lupo Azzurro possa suggerire alcuni atteggiamenti fondamentali per i terapeuti in cure palliative che vogliano instaurare una relazione d’aiuto efficace. Ne abbiamo individuati almeno cinque.
#1 – Spirito di osservazione
Il terapeuta è colui che sa guardare ovvero sa sostenere lo sguardo di chi gli sta di fronte, sa osservare ciò che succede e coglie ogni minimo movimento attraverso cui l’altro si racconta, sa andare oltre la superficie delle cose e impara a vedere nel profondo.
#2 – Capacità di accogliere
Il terapeuta è colui che permette all’altro di sostenere il proprio sguardo poiché carico di comprensione. È colui dal quale ci si sente ascoltati e capiti e al quale si sa di poter esprimere la propria impotenza e collera.
#3 – Superamento del diverso
Il terapeuta è colui che riconosce l’eventuale differenza: non la nega né si atteggia come se non ci fosse. Piuttosto sta al fianco di chi ne ha bisogno finché non si realizzi l’integrazione del diverso.
#4 – Compassione
Nel suo senso più profondo di “soffrire insieme”, il terapeuta è colui che svolge il proprio compito con passione ovvero stando nel presente, nel qui e ora con il paziente e con il suo disagio.
#5 – Attribuzione di senso
Il terapeuta è colui che permette all’altro di ridare un senso alla propria vita. Un senso che abbia significato non in termini assoluti né secondo i valori del terapeuta, ma per chi pur nel disagio vuole tendere alla felicità.
Queste, in sintesi, sono le nostre riflessioni su un racconto che si legge davvero nel tempo di una pausa pranzo eppure è capace di stimolare mente e cuore. E che vi suggeriamo, perché ci auguriamo possa avere lo stesso effetto anche su di voi.