di Daniela de Benedetti, paziente Long Day
È giovedì, il primo del mese di un giugno piuttosto inquieto dal punto di vista meteorologico, e noi siamo per strada. Ci dirigiamo verso il centro storico di Milano, in via Manzoni appunto, di fianco al Teatro alla Scala. Giriamo a sinistra, il traffico è di tutto rispetto e piuttosto rumoroso. Come spesso mi succede quando mi trovo a pochi passi dal Grand Hotel et de Milan, penso a Giuseppe Verdi. Aveva scelto il prestigioso albergo come sua residenza e che qui si spense nel gennaio del 1901. Adorato dai milanesi, avevano fatto ricoprire tutta via Manzoni con la paglia perché il rumore delle carrozze e dei cavalli non disturbasse i suoi ultimi giorni.
Eccoci arrivati, intanto, la nostra meta è ormai raggiunta ed entriamo nel cortile del Museo Poldi Pezzoli.
Un museo in continua evoluzione perché lasciti e donazioni lo arricchiscono di meraviglie nella già stupenda abitazione del nobile Gian Giacomo Poldi Pezzoli, vissuto in pieno Ottocento, con la Bellezza nella mente e nel cuore.
È proprio lui l’iniziatore delle collezioni che spaziano in ogni campo dell’arte, oltre ogni confine, con la finalità di raggiungere la meraviglia che incanta. Poldi Pezzoli però (ed è questa la sua magnifica armonia), non prova piacere nel possesso di queste mirabili opere, ma nelle sensazioni che si “insinuano” in chi le vive con gli occhi e col pensiero. Vuole che tali raccolte d’arte, nate dalla sua passione e dai tesori della sua famiglia, vengano trasmesse a coloro che vorranno vederle. Che verranno a emozionarsi, saziarsi della gioia che esse procurano. Poldi Pezzoli destinerà perciò la sua Casa a diventare museo.
Col cuore ancora affastellato dalle collezioni dei vetri, dei gioielli, i dipinti famosi, come il Ritratto di giovane dama’ del Pollaiolo, o lo “studiolo dantesco”, dove immagino di potermi sedere a leggere, siamo accolti in una deliziosa saletta, dove ci viene offerto un piccolo gradito rinfresco.
Chiedo a Marzia che cosa le sia piaciuto di più in questo nostro viaggio nella contemplazione del bello, e lei non ha dubbi, il ‘tavolino di pietre dure’. Per Maria Grazia è il quadro della Madonna del Mantegna e Pina è estasiata dalle porcellane. Alessandra, con un tuffo al cuore, si è ritrovata nella stanza degli orologi. E lì il ricordo del nonno che aggiustava e lucidava sveglie, pendole e cucù emerge dolcissimo.
Salutiamo Luisa, la nostra gentile guida e ci avviamo verso il ritorno. Pensierose e felici.