di Giada Lonati, Direttrice sociosanitaria di VIDAS. Articolo originariamente pubblicato sul Corriere della Sera.
Mamma Anna e papà Vincenzo, emozionati, spingono per la prima volta il passeggino di Luca. Siamo nel corridoio di Casa Sollievo Bimbi, l’unico hospice pediatrico della Lombardia. Luca ha cinque mesi. O meglio: è nato cinque mesi fa, così presto rispetto alla data del parto che è come se fosse nato da poco. I polmoni immaturi gli impediscono di respirare in autonomia. Vive attaccato a un respiratore, non sa deglutire e il suo quadro neurologico fa ipotizzare un severo ritardo cognitivo. È arrivato in hospice dalla Terapia intensiva neonatale dove ha vissuto finora perché qui i suoi genitori apprendano i gesti che li faranno sentire capaci di prendersi cura di un bambino così speciale. Luca è uno degli oltre 32 mila minori inguaribili che in Italia avrebbero diritto alle cure palliative pediatriche. Meno di 1 su 5 riesce però a ottenerle.
Sono pazienti con malformazioni congenite, sindromi cromosomiche, malattie neurologiche e neuromuscolari, gravi insufficienze d’organo, prematurità severa. Solo nel 20 per cento è un tumore che spinge a rivolgersi a queste cure. Cure rivolte a soggetti di età compresa tra 0 e 18 anni, con un’estensione alla fase prenatale e a giovani adulti che, se pure non appartengono alla fascia pediatrica, hanno patologie e caratteristiche fisiche che la medicina dell’adulto non è preparata a curare. E caratterizzate da percorsi lunghi e impegnativi: una presa in cura domiciliare dura in media 44 mesi contro i circa 30 giorni dell’adulto. Situazioni che sono paradigma di una complessità che implica valutazioni multidimensionali e interventi multidisciplinari. Servono sguardi complementari, strutturati in équipe dedicate, per affrontare la variabilità biologica, psico-relazionale, sociale, etica e spirituale (un bambino con grave disabilità ha bisogni assai diversi rispetto a un adolescente che sta morendo di cancro) e per accompagnare famiglie – in particolare fratelli e sorelle – e pazienti nel percorso di crescita.
Le équipe dell’adulto non bastano. Serve poi un lavoro in rete: accanto a cure domiciliari, ospedali e hospice è necessario il coinvolgimento dei luoghi della socializzazione, a partire dalla scuola. Gli hospice dedicati ai minori in Italia sono otto. Le reti territoriali molte di più, ma scritte solo sulla carta. Eppure queste cure sono un diritto sancito a chiare lettere dalla legge 38 del 2010, che richiede interventi qualificati e specialistici. Senza nulla togliere al terzo settore, che ha avuto un ruolo trainante nello sviluppo di questo ambito, è ora tempo di investimenti e scelte coraggiose da parte delle istituzioni perché le cure palliative pediatriche non vengano confuse con gesti compassionevoli fatti da persone di buon cuore.