L’esperienza di assistere una persona con una malattia inguaribile in fase avanzata, sia a livello personale sia riferita a familiari e conoscenti, riguarda ben due italiani su tre. Ma quanto ne sanno i cittadini, e in particolare i medici, delle cure palliative, ovvero quell’insieme di trattamenti, non solo farmacologici, volti a migliorare il più possibile la qualità della vita del malato e della sua famiglia?
A fotografare la situazione è uno studio realizzato da IPSOS per VIDAS, organizzazione di volontariato da 40 anni impegnata nell’assistenza gratuita dei malati inguaribili e dei loro familiari, in collaborazione con la Federazione Cure Palliative e grazie al contributo della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti.
La ricerca, presentata il 6 novembre presso l’Università degli Studi di Milano – sede della Scuola di specializzazione in Medicina e Cure Palliative – misura il grado di conoscenza delle cure palliative in un campione rappresentativo di popolazione, da un lato, e di medici del territorio e ospedalieri, dall’altro.
Tra i cittadini l’indagine mostra una sensibile crescita di consapevolezza sul tema: dal confronto con dati raccolti nel 2008, infatti, emerge come oggi in Italia si sia quasi azzerata la quota di chi non ha mai sentito parlare di cure palliative, passata dal 41% all’attuale 6%. Parallelamente è aumentato di molto il grado di conoscenza di questa specifica modalità di cura: nel 2008 il 24% si dichiarava poco o abbastanza informato, ora il 54% dice di sapere bene di cosa si tratta.
Sebbene il 18% delle persone intervistate le ritenga ancora sinonimo di cure inutili o ‘naturali’ o alternative alla medicina tradizionale, è però sempre più diffusa la convinzione che si occupino di migliorare la qualità di vita di persone gravemente malate e delle loro famiglie,indipendentemente dalla patologia.
Un dato colpisce in modo emblematico – afferma Antonio Benedetti, direttore generale di VIDAS – negli ultimi 15 anni è più che raddoppiata la notorietà della parola ‘hospice’, passata dal 24 al 56%. Un termine entrato a far parte del linguaggio comune anche grazie all’opera di alfabetizzazione esercitata da organizzazioni come VIDAS, che tra le prime in Italia ha offerto assistenza completa ai malati inguaribili, adulti e bambini, a domicilio e poi anche in hospice. Una missione a cui, da sempre, si affianca un’attività di sensibilizzazione e informazione sui temi del fine vita, del sollievo dal dolore fisico e psicologico e del rispetto della dignità, anche nell’ultimo tratto dell’esistenza”.
Secondo la ricerca, 8 cittadini su 10 sanno che le cure palliative sono un diritto (legge 38 del 2010) che deve essere garantito gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Una conoscenza ben radicata anche dalla maggioranza dei clinici, suddivisi tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e specialisti ospedalieri. Tra i medici, tuttavia, resiste ancora una percentuale che ignora questa informazione: il 21% dei pediatri, il 17% degli specialisti ospedalieri, il 15% dei MMG. Tra i pediatri, in particolare, solo uno su tre si sente sufficientemente informato sulle cure palliative pediatriche, mentre tra i cittadini 4 su 10 pensano che le cure palliative non possano riguardare anche i bambini.
Un altro dato preoccupa: nonostante la piena consapevolezza di avere diritto alle cure palliative, il 57% degli intervistati non ha idea se queste terapie siano attive sul proprio territorio, con un divario tra Nord e Sud. Il 60% dei cittadini sa però che queste cure possono essere erogate a domicilio, in ospedale e in hospice.
Un dato interessante è legato alla somministrazione di sostanze oppiacee (morfina e derivati) da parte dei medici, in fase terminale o avanzata e inguaribile di malattia, con lo scopo di controllare il dolore: i Il 51% degli intervistati si dichiara ‘molto d’accordo’ e il 40% lo è ‘abbastanza’.
Per la maggioranza degli intervistati, in particolare, la propria casa è il luogo di cura prescelto. In base all’esperienza dei clinici, tuttavia, questo desiderio dei pazienti non è soddisfatto, in media, in oltre il 20% dei casi.
“Secondo la ricerca, la pianificazione condivisa delle cure è un bene per il 50% dei medici – afferma Giada Lonati, medico palliativista e direttrice sociosanitaria di VIDAS – ma il vero ostacolo è parlare ai propri pazienti di malattia grave, prognosi infausta e morte. Sappiamo che cosa dovremmo dire ma ci mancano le parole. Perché le cure palliative affrontano un dolore globale che ha una dimensione fisica, ma anche psicologica, sociale e spirituale. Anche per questo è fondamentale una formazione ad hoc, come quella prevista dalla specializzazione in Medicina e Cure Palliativa istituita nel 2022.”