Ti serve assistenza sanitaria?
11.12.2024  |  Operatori

Crescere nell’esercizio di lasciar andare

Condividi

Educare alla perdita è un obiettivo da assumersi, ognuno per la sua parte, da genitori, insegnanti, educatori, pedagogisti, psicologi. Uno scopo da perseguire e una responsabilità dell’intera comunità educante

In VIDAS è diventata parte di un codice comune un’espressione che, da appannaggio delle sole pedago­giste e psicologhe, oggi identifica (anche per chi si occupa di comuni­cazione) gli interventi che puntano ad ‘avvicinare’ il tema tabù della perdita: pedagogia della finitudine.

Anche per i ‘non sanitari’ è ormai condiviso che la vita è costellata di perdite e separazioni più o meno drammatiche e irreversibili e che ogni passaggio evolutivo – dall’in-fanzia all’adolescenza alla matu­rità – richiede di accogliere in forma consapevole, ovvero integrare, un passato come epoca di tratti distin­tivi che non tornerà più, almeno in quella forma. È la condizione che rende possibile di apprezzare, al massimo grado di pienezza, il presente e essere pronti al futuro. Ciò che fa del cambiamento un’occasione di crescita.

Abbiamo raccolto lo scambio di impressioni tra Marta Scrignaro, educatrice VIDAS, Francesca Brandolini, psicologa VIDAS, e Maria Beverina, docente IC Riccardo Massa e pedagogista, a valle del percorso di pedagogia della finitudine proposto agli alunni di quinta nel quartiere Gallaratese.

L’immagine è tratta dal libro Un barattolo di stelle, di Deborah Marcero (Autore) Davide Musso (Traduttore), Terre di Mezzo editore.

Quali sono gli stati di maggior valore del progetto?

Maria Beverina: “Un elemento di bontà non trascurabile è stato di poter co-progettare l’intervento e tagliare la proposta su misura. Ha richiesto tempo ma questo tema, veramente difficile, è stato portato a scuola in forma efficace e profonda. La perdita investe tutti noi e le situa­zioni sono così diverse che spesso non si sa, da insegnanti e come per­sone, come trattarle. Questo progetto, sviluppato su binari molto aperti, ha funzionato bene e le resistenze che avevamo supposto di incontrare non ci sono state – anzi. Quello che ne deduco è che siamo partite da un bisogno autentico e abbiamo trovato la chiave più adatta proprio nel coin­volgimento dell’intera comunità educante, insegnanti e genitori, scuola e territorio. La proposta è stata discussa e aggiustata e le figure VIDAS hanno raccolto obiezioni e timori, modificando e riadattando.”

Francesca Brandolini: “È stato così. Su un progetto in qualche modo codificato è stato fatto un lavoro sartoriale. Penso ai genitori, di cui abbiamo rispettato le difficoltà, così che chi ha accolto la proposta ha avuto un’occasione di condivi­sione col proprio figlio. Un’attività fatta in classe si è tradotta in una dimensione familiare dove, forse, per la prima volta si è parlato di questi temi.”

Marta Scrignaro: “Nello stesso tempo, io credo che i bambini abbiano capito che, nel caso vogliano proteg­gere i loro genitori, possono trovare anche fuori spazi di condivisione. Ci sono stati momenti di un’inti­mità fortissima tra compagni, e di altrettanto rispetto, con una capa­cità di ascolto e accoglienza, darsi supporto e consolazione, anche fisica, senza parole, semplicemente andandosi a sedere accanto a chi in quel momento stava piangendo, di una qualità straordinaria.

Questo laboratorio ha insegnato ai bambini come di queste cose si possa parlare e quanto è bello con­dividerle. Possono dirsi, Non sono il solo con questo fardello sul cuore, Non sono l’unico con il magone all’idea di lasciarvi e, allo stesso tempo, che la prospettiva del cambiamento fa anche felici, e non vedere più alcune persone è liberatorio. Il gruppo ha il potere di rendere le cose esprimibili, anche quelle scomode, e dolorose.

MB. Correggo e integro quanto dicevo sopra. Non abbiamo inter­pellato i bambini prima di entrare nella loro classe ma li abbiamo tutelati. Marta, Anna e Francesca hanno verificato se ci potesse essere qualche alunno che, per un motivo o l’altro, era meglio non ricevesse certi messaggi e come portarli in ogni classe.

MS. Devo ammettere che l’impressione che mi hanno rimandato i genitori è che fossero sollevati che si parlasse di questo tema, e se ne parlasse a scuola. La resti­tuzione post laboratorio lo ha confermato, i genitori erano emo­zionati e hanno raccontato di aver ripescato i ricordi della loro quinta elementare, rassicurando i figli di aver vissuto il distacco con la stessa preoccupazione.

MB. Anche negli insegnanti il distacco genera frustrazione. E finalmente abbiamo potuto esternarla, in forma interessante perché collegiale e condivisa. La quinta elementare rappresenta un momento di congedo da una forte ‘responsabilità educativa’. È un elemento delicato e molto pre­sente nella scuola primaria: ogni educatore investe moltissimo su bambini di cui si segue lo sviluppo per anni lunghissimi e da cui si è obbligati a staccarsi – senza sapere cosa avverrà di loro dopo. Bisogna accettare il fatto che di questi ragaz­zini, di queste persone si potrebbe non sapere più nulla. Quest’anno abbiamo potuto lavorare sul passag­gio, sull’importanza di ritualizzare la perdita. È bello avere gli stru­menti per farlo.

Questo articolo è stato pubblicato sul Notiziario di VIDAS.
Sfoglia QUI l’ultimo numero

Scopri tutte le categorie di racconti VIDAS

Operatori
Scopri ora
Volontari
Scopri ora
Donatori
Scopri ora

Scopri tutte
le categorie
di racconti
VIDAS

Novità

La sezione novità è dedicata a te, per rimanere sempre al passo con ciò che succede in VIDAS: qui troverai tutti gli aggiornamenti sulle attività e le nuove possibilità per sostenerci, i prossimi eventi e le iniziative culturali in programma.
Scopri tutti gli articoli

Cultura

Un’intensa attività culturale affianca da sempre quella assistenziale: in questa sezione approfondirai la filosofia ispiratrice di VIDAS e aprirai la mente a una riflessione più ampia su tematiche esistenziali e sociali, sul vivere e sul morire.
Scopri tutti gli articoli
back to top
Stai navigando con Internet Explorer, non tutte le funzionalità di questo sito vengono garantite su questo browser. Per navigare il sito in sicurezza ti consigliamo di usare Chrome, Safari o Firefox.