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10.02.2025  |  Pazienti e famiglie

Dignità e sollievo: il ruolo della fisioterapia in VIDAS

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Nelle cure palliative la fisioterapia non è orientata al recupero, eppure è fondamentale. Ne parliamo con Mirella Licata, fisioterapista di VIDAS al domicilio.

Nelle cure palliative, la fisioterapia assume un ruolo essenziale, anche se non è orientata al recupero funzionale. Il suo obiettivo principale è migliorare la qualità della vita, mantenendo l’autonomia residua e garantendo il benessere quotidiano del paziente. “Le cure palliative si basano sulla qualità della vita, e questo include il bisogno di movimento, di mantenere l’autonomia e di poter godere del proprio ambiente domestico”, spiega Mirella Licata, fisioterapista di VIDAS.

Il lavoro del fisioterapista in questo ambito parte sempre dall’ascolto attento del paziente. “Chiediamo sempre: ‘Cosa è più importante per te in questo momento?’”, racconta Mirella. “Per alcuni, può essere la possibilità di uscire di casa, per cui lavoriamo per rimuovere le barriere architettoniche e fornire ausili adeguati, come montascale o carrozzine.”

Ausili: alleati indispensabili

Gli ausili giocano un ruolo fondamentale nel supportare la mobilità e il comfort del paziente. “Se una persona è rimasta allettata e desidera uscire dalla propria stanza, il nostro compito è individuare la strategia migliore”, spiega la fisioterapista. “Ad esempio nel caso di Carmela – una donna forte e determinata costretta a letto da un tumore orribile –abbiamo utilizzato un sollevatore per aiutarla ad alzarsi dal letto senza dolore e senza affaticarsi“.

Oltre al sollevatore, è stata impiegata una bascula per mantenere una posizione più confortevole, riducendo il dolore causato da movimenti errati. “Anche un solo movimento sbagliato poteva provocarle una sofferenza che persisteva a lungo. Per questo era fondamentale trovare una soluzione adatta a lei”, continua Mirella.

La fisioterapia come strumento per la gestione del dolore

Uno degli aspetti più importanti della fisioterapia nelle cure palliative è la gestione del dolore. “Lavoriamo in sinergia con i medici e gli infermieri che si occupano della terapia farmacologica, ma anche piccoli accorgimenti possono fare la differenza”, spiega la fisioterapista. Un letto articolato, per esempio, può prevenire il dolore e migliorare il comfort del paziente, soprattutto in presenza di metastasi ossee.

Mantenere le abilità residue ha anche una forte valenza psicologica. “Poter scegliere cosa fare, anche nelle piccole cose, è fondamentale per la dignità della persona”, sottolinea Licata. “Andare in bagno autonomamente, ad esempio, può sembrare un gesto scontato, ma per molti pazienti rappresenta una condizione essenziale per sentirsi indipendenti, soprattutto per chi è giovane.”

Soluzioni su misura per ogni paziente

Ogni paziente ha esigenze specifiche, che possono cambiare nel tempo. “Un caso che mi è rimasto impresso riguarda una signora con una patologia cronica che abbiamo seguito per un lungo periodo”, racconta Mirella. “Abbiamo adattato gli ausili alle sue condizioni in evoluzione: inizialmente usava un montascale e un sollevatore, poi è riuscita a muoversi autonomamente con un deambulatore, per poi tornare a necessitare nuovamente di un supporto più strutturato. Il nostro lavoro richiede flessibilità per rispondere a queste variazioni.”

Ogni strumento di supporto viene percepito in modo diverso dai pazienti. “Dipende molto dalla fase della malattia e dallo stato psicologico in cui si trovano. Alcuni vedono la carrozzina come una benedizione – dicono “che bello, finalmente posso uscire di nuovo di casa” -, altri la percepiscono come un segno di peggioramento – pensano “sto morendo”.

Il sollevatore, in particolare, viene spesso visto come un oggetto ingombrante, una sorta di navicella spaziale che atterra all’improvviso in camera da letto. Una volta, per far superare la paura a una paziente giovane, Mirella stessa si è fatta imbragare io stessa per dimostrarle che era sicuro. “Dopo averlo provato, ha capito i benefici e lo ha accettato di buon grado”.

Per Carmela, l’uso del sollevatore ha significato una via per la liberazione. “Finalmente poteva andare in soggiorno e vedere le sue amate piante. Guardarle, dare indicazioni su come curarle, godersi una colazione in compagnia dei suoi figli: un momento semplice, ma di gioia inestimabile.”

Il senso profondo del lavoro in VIDAS

Per Mirella, essere fisioterapista in una realtà come VIDAS è un’esperienza umanamente ed emotivamente ricca.

“Spesso si pensa che la fisioterapia in cure palliative non serva, perché non mira alla riabilitazione. Ma la realtà è ben diversa. Aiutare i pazienti a vivere con maggiore dignità, anche solo per un breve periodo, è un privilegio.”

“Questo lavoro mi ha insegnato ad apprezzare le cose semplici e ad avere un approccio più consapevole alla vita.”

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