La Fondazione Vidas nasce – tra le altre cose – con l’intento sia di diffondere la cultura delle cure palliative sia di offrire spazi di incontro, confronto, riflessione… in una parola: formare i professionisti della salute. Per questo motivo accogliamo studenti di diverse facoltà. Valentina e Francesca sono due tirocinanti della scuola di specializzazione in psicoterapia che stanno facendo con noi un’esperienza teorico-clinica e hanno deciso di raccontarcela. Vi lascio alle loro parole.
Eccoci qua in questa nuova realtà di Casa Vidas. Siamo Valentina e Francesca e stiamo svolgendo il nostro tirocinio in psicologia presso questa struttura per molti nota ma che cela in sé una tematica molto intima e socialmente nascosta: l’accompagnamento al malato e i suoi famigliari nella fase terminale della malattia.
Conoscere questa associazione ci ha positivamente sorprese soprattutto in un paese dove gran parte dei servizi vengono erogati a pagamento con molte difficoltà e disguidi burocratici: qui è garantita un’assistenza gratuita 365 giorni l’anno, che permette alle famiglie di sostenere il proprio caro e di poterlo accompagnare nel modo migliore nell’ultima fase della propria esistenza.
In questa nostra esperienza siamo state guidate per conoscere e comprendere in parte la psiche del morente nel fine vita e le conseguenze che tutto ciò comporta nelle diverse famiglie e culture, come affiancarsi sia in quanto professionisti che come persone al morire e come questo possa essere letto: sia in termini culturali in quanto tabù, sia come un percorso di vita che sta “giungendo a termine” e che può far emergere anche aspetti vitali e autentici sino ad ora negati.
Un’esperienza significativa sino ad ora svolta è stata quella relativa ai colloqui a domicilio: la prospettiva che lo psicologo incontra viene completamente sovvertita. Di solito lo psicologo riceve i pazienti “in luogo sicuro”, nel suo studio o nelle strutture che conosce e gli sono famigliari; qui invece si trova difronte all’ignoto all’essere messo a “nudo” nella propria professione, dovendo mettere in campo anche aspetti personali funzionali alla relazione con l’altro. Entrare nelle case “in punta di piedi”, ci ha permesso di cogliere come ogni persona abbia una propria storia e come questa si noti in tutte le sue sfumature in ogni casa. Quando il paziente o il famigliare apre la porta, ecco che indirettamente apre anche la porta della sua storia, fatta come per ognuno di noi di percorsi tortuosi con molti ostacoli da superare.
Ecco allora che si possono fare i conti con quel poco o tanto che la vita ci ha dato in passato e con le prospettive che ci potrà dare il prossimo futuro.
Poter sostenere, accompagnare la famiglia in questa delicata esperienza è sicuramente qualcosa di prezioso e autentico nel pieno rispetto dell’altro come persona nella sua totalità e dignità.
Lavorare a contatto con questa realtà, quindi, ci ha portato a riflettere su molti aspetti che coinvolgono l’intera vita dell’essere umano a partire da temi di natura esistenziale strettamente legati alla dimensione dell’essere e dell’esserci, all’identità, alla temporalità, al cambiamento, relazioni interpersonali, impotenza, vulnerabilità, silenzio, ad un corpo che parla e dice ciò che non vorremmo sentirci dire, rabbia senso di colpa, invidia, tradimento della vita in sé e di un corpo che si è arreso.
Pertanto ringraziamo Vidas che ci ha dato l’opportunità di poter fare un’esperienza umana e clinica formativa e trasformativa, poichè dentro di noi tutto ciò ha già iniziato un suo sviluppo.