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26.01.2021  |  Approfondimenti

Come costruire un rapporto empatico tra medico e paziente

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L’empatia è un sentimento presente in ciascuno di noi, ma diventa una caratteristica indispensabile per essere medici migliori. Per instaurare un rapporto di empatia tra medico e paziente, dobbiamo conoscere le qualità di un medico empatico e capire perché Il medico palliativista deve esserlo ancora di più degli altri, per la delicatezza del suo compito, così come ogni operatore delle nostre équipe multidisciplinari. Ma cosa intendiamo per empatia medico paziente?

Cosa significa “empatia”

Il termine “empatia” proviene dal greco e significa letteralmente “sentire dentro”, vivere le emozioni dell’altro come fossero proprie, senza esserne sopraffatto. Si potrebbe anche spiegare come la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo dell’altro, entrare in contatto a livello profondo con i sentimenti altrui, senza pregiudizi o personali convincimenti.

L’empatia è una capacità propria dell’essere umano ed è alla base di molti rapporti: due amici, una coppia, madre e figlio possono essere in grado di capirsi vicendevolmente, senza a volte bisogno di comunicazione verbale. Soprattutto chi come noi lavora a stretto contatto con persone bisognose di cure deve sviluppare la capacità di sentire dentro di sé il carico emotivo che vivono i pazienti, perché solo in questo modo riusciamo ad essere davvero di aiuto.

Essere un medico empatico: si nasce o si diventa?

Infatti per noi è fondamentale curare il rapporto tra medico e paziente e la capacità di essere empatici ci garantisce un canale di comunicazione più intimo e personale, che rende più efficace il percorso terapeutico. Tuttavia ci chiediamo: cosa significa essere un medico empatico? È una caratteristica innata o che si sviluppa nel tempo?

Ecco quali sono per noi le qualità di un medico empatico:

  • Comprendere i sentimenti del paziente.  Non significa essere accondiscendenti e sottostare a tutte le sue volontà, ma capire il suo stato emotivo in quel momento e comportarsi di conseguenza.
  • Essere persone, prima che medici. Questo assunto dovrebbe essere alla base di ogni ruolo professionale: mettere davanti alla professione il lato umano, nel caso dei medici instaurando un rapporto solidale e professionale allo stesso tempo con i pazienti.
  • Costruire un rapporto di fiducia con la famiglia del paziente. Spesso la medicina riconosce nella famiglia una minaccia, perché si frappone tra medico e paziente. Instaurare un rapporto di reciproca confidenza e fiducia è essenziale per il buon proseguimento delle cure.
  • Ascoltare e rassicurare il paziente, senza illuderlo.  Il medico empatico mantiene un approccio obiettivo verso il problema di salute, non deve illudere ma fornire tutti gli strumenti per affrontarlo nel modo migliore, restando in ascolto delle paure e delle angosce che possono sopraffare il paziente.

L’importanza dell’empatia con il paziente per il medico palliativista

Costruire un rapporto empatico con il paziente è fondamentale per un medico palliativista. A lui spetta un compito ancor più gravoso di qualunque medico: curare i malati senza poterli guarire, dire la verità senza mai togliere la speranza.

Molti medici usano parole difficili e fredde per comunicare con persone spaventate e impreparate. Per i palliativisti invece una buona comunicazione e l’ascolto dei bisogni arriva prima di tutto, favorendo un percorso di consapevolezza del paziente, trasmettendogli l’importanza del vivere qui e ora e facendolo sentire al centro del proprio percorso di cura.

La testimonianza di Anna

Proprio nelle parole di chi ha vissuto in prima persona l’incontro con i nostri operatori riusciamo a comprendere meglio quali sono i benefici di un rapporto umano tra medico e paziente.
La voce è quella di Anna, moglie di Dante, che è stato assistito dalla nostra équipe multidisciplinare e in particolare dalla dottoressa Maura:

“Voglio ringraziare VIDAS per l’organizzazione e soprattutto per la modalità di intervento. Essere medicalmente ben curati è sicuramente importantissimo, ma con tutti voi noi ci siamo sentiti anche ascoltati e accolti.

In particolare la dott.ssa Maura, una figura che non mi scorderò mai. Una donna meravigliosa, che nel dramma della situazione, riusciva sempre ad infondere calma e tranquillità nella nostra casa. Insieme a tutti i famigliari ho curato mio marito in casa e in tantissimi momenti non è stato facile, ma ho potuto farlo perché mi sentivo protetta dalla sua professionalità, dalla sua disponibilità a parlarmi al telefono alle tre di notte come fossero state le dieci del mattino.

Spero che la vita e i suoi fili conduttori ci diano la possibilità di incontrarci di nuovo senza malattie intorno, se capiterà le chiederò di darci del “tu”, ma io la chiamerà sempre DOTTORESSA. Perché c’è modo e modo di essere medicidi relazionarsi, di essere persone: il suo fa onore al genere umano …”.

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