L’HIV, acronimo di Human Immunodeficiency Virus (Virus dell’Immunodeficienza Umana), è un virus che attacca il sistema immunitario umano indebolendo il sistema immunitario e rendendo il corpo maggiormente suscettibile a infezioni e malattie gravi. L’HIV può essere trasmesso attraverso il contatto con fluidi corporei infetti, come il sangue, lo sperma, le secrezioni vaginali e il latte materno. Vi sono poi anche altri liquidi corporei che possono contenere il virus, ma con una percentuale così bassa che rende il rischio di contagio praticamente nullo. Grazie al contributo della dottoressa Maura Degl’Innocenti, medico palliativista di VIDAS, cerchiamo di capire meglio questa malattia e la sua relazione con le cure palliative.
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L’HIV, una volta entrato nel corpo, causa una graduale distruzione del sistema immunitario, aumentando la suscettibilità dell’individuo ad altre infezioni, soprattutto quelle chiamate “opportunistiche“. Queste infezioni sfruttano la debolezza del sistema immunitario e causano malattie che normalmente verrebbero combattute autonomamente dall’organismo. In circostanze normali, infatti, il sistema immunitario risponde all’ingresso dei germi nel corpo prevenendo l’infezione. Tuttavia, se le difese immunitarie si abbassano, questi stessi germi possono causare malattie. La condizione di immunodeficienza può essere paragonata a quella di una persona che ha subito un trapianto e deve assumere farmaci per abbassare le difese immunitarie al fine di evitare il rigetto.
La dottoressa Maura Degl’Innocenti ci spiega meglio:
“Diverso è in caso di HIV, dove l’immunodeficienza è un processo dovuto all’infezione. Processo che a distruggere un sistema immunitario impiega diversi anni. Nel momento in cui il sistema immunitario è per buona parte o completamente distrutto, e quindi con dei valori misurabili nel sangue al di sotto di una certa soglia, oppure quando si manifestano determinate patologie, si dice che quella persona da HIV positiva diventa malata di AIDS. Il malato di AIDS, dunque, è una persona che ha l’infezione da HIV e un sistema immunitario così compromesso da aver sviluppato determinate patologie”.
Negli anni ’80, quando il virus dell’HIV iniziò a diffondersi, non esistevano terapie o cure disponibili contro questa infezione o altre infezioni opportunistiche. Fortunatamente, oggi esistono farmaci specifici, chiamati antiretrovirali, che possono aiutare a controllare l’infezione e prevenire lo sviluppo dell’AIDS. Questi farmaci agiscono mantenendo le difese immunitarie alte, trasformando l’HIV in un’infezione cronica con la quale una persona può convivere per tutta la vita senza che si trasformi mai in AIDS.
Esistono anche strategie di prevenzione efficaci per limitare la diffusione dell’HIV, come l’uso del preservativo e la prevenzione della trasmissione madre-bambino durante la gravidanza, il parto e l’allattamento. Nonostante la mancanza di una cura definitiva per l’HIV, le terapie antiretrovirali e le strategie di prevenzione possono contribuire a ridurre significativamente la diffusione dell’infezione e migliorare la qualità della vita delle persone affette da questa malattia.
La dottoressa continua:
“Negli ultimi anni le diagnosi di AIDS sono significativamente crollate (fanno eccezione alcune zone del mondo in cui il virus è ancora molto diffuso, come nei paesi dell’Africa subsahariana). Di fatto, si verificano quasi esclusivamente nei soggetti che non hanno mai indagato l’HIV, sottovalutando dei comportamenti a rischio. Solo in questi casi la manifestazione dell’infezione diventa quella che conclama l’AIDS […]. Nel 2021 i nuovi casi di infezione da HIV in Italia sono stati 1.770: la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti da preservativo. Sempre nel 2021, sono stati diagnosticati 382 nuovi casi di AIDS. L’incidenza di AIDS è in costante diminuzione”.
Un problema attuale che affligge i pazienti affetti da HIV è l’incidenza dei tumori. A causa del sistema immunitario indebolito, infatti, le persone infette sono maggiormente suscettibili allo sviluppo di tumori rispetto al resto della popolazione. Questo è un rischio che purtroppo persiste anche oggi, nonostante le cure disponibili per l’HIV.
È importante inoltre sottolineare che il rischio di tumore varia a seconda di vari fattori, tra cui il tipo di infezione da HIV e l’adesione alle terapie antiretrovirali. Tuttavia, è necessario monitorare attentamente la salute dei pazienti HIV-positivi per rilevare eventuali segni di tumore in modo tempestivo e garantire un trattamento adeguato.
Soprattutto nei primi decenni dalla nascita della malattia, le cure palliative sono state di fondamentale aiuto ai soggetti affetti dal virus. La dottoressa Maura Degl’Innocenti racconta:
“Quaranta anni fa un paziente HIV era stigmatizzato dalla società e spesso si trattava di persone con importanti problemi sociali. Gli infettivologi, invece, come i palliativisti, erano e sono specialisti con la capacità di guardare non solo la malattia nello specifico, ma anche la persona al di là della malattia, nella sua globalità. In quegli anni c’era una grande attenzione ai sintomi, alla qualità della vita che si poteva garantire ai pazienti, perché si sapeva di avere a che fare con persone giovani che avevano gli anni contati. C’era dunque questo impegno nel migliorare la qualità del tempo che restava loro, sia dal punto di vista dei trattamenti, sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista psicologico”.
Oggi la situazione è decisamente cambiata grazie all’avvento delle terapie. La qualità della vita dei pazienti, comprese le loro relazioni, è migliorata significativamente, così come la loro aspettativa di vita si è allungata. Oggi, possiamo affermare che l’HIV è una malattia cronica. Per questo motivo le cure palliative intervengono solo nei casi di AIDS conclamata e fortunatamente i numeri sono molto bassi.
Compito delle cure palliative è quello di migliorare la qualità della vita dei malati. Dai farmaci del dolore per alleviare i sintomi (diarrea profusa, dolore neuropatico, crisi respiratorie…) che dipendono dalla singola malattia (tubercolosi, tumore…), a tutte le cure necessarie per rispondere ai bisogni della persona: bisogno di accudimento, di relazione, di benessere psichico e spirituale. I professionisti di VIDAS negli anni hanno avuto a che fare con dei pazienti malati di HIV, sia tramite assistenza domiciliare che in hospice. Inoltre, hanno assistito anche pazienti accolti in comunità.
“A domicilio, l’impegno maggiore per l’equipe è l’educazione sanitaria del caregiver in merito alla gestione dei sintomi e dell’accudimento del paziente, anche in relazione alla potenziale trasmissione del virus. In comunità, dove gli operatori hanno già tutte le competenze per gestire gli ospiti con infezione da HIV, è necessario però educarli all’uso dei farmaci specifici delle cure palliative. Inoltre, è necessario relazionarsi con la comunità, che è una famiglia allargata, facendosi carico di tutti gli operatori presenti, ma anche degli ospiti. Soprattutto nell’affrontare la morte di uno di loro”.