Le cure palliative rappresentano un approccio olistico ed empatico per il trattamento di pazienti affetti da malattie inguaribili avanzate o in fase terminale. Queste cure mirano a migliorare la qualità della vita del paziente, alleviando i sintomi fisici, psicologici e spirituali associati alla malattia. In questo articolo, esploreremo l’importanza delle cure palliative nel contesto delle malattie oncologiche e come esse possono fornire comfort e sostegno sia ai pazienti sia alle loro famiglie. Approfittiamo del contributo di Riccardo Valsecchi, oncologo e medico palliativista di VIDAS.
Indice
Le patologie oncologiche possono manifestarsi a qualsiasi età e possono colpire tutti gli organi della persona, sia solidi sia liquidi. Solitamente la diagnosi avviene in seguito alla comparsa di un sintomo, di un disturbo, ma spesso in realtà i tumori potrebbero essere identificati con delle azioni preventive e avere così una diagnosi precoce. Ma qual è il ruolo del medico palliativista in presenza di malattie oncologiche? Quando finisce il lavoro dell’oncologo e inizia il suo? Abbiamo posto queste domande al Dottor Riccardo Valsecchi. Di seguito la risposta:
“Lo scopo dell’oncologo è quello di trattare con farmaci o approcci terapeutici di tipo attivo sulla malattia oncologica. Sicuramente, essendo malattie che danno spesso dei disturbi, dei sintomi, è corretto associare un’adeguata terapia sintomatica, che può fare l’oncologo, ma la può fare anche in terapia simultanea il palliativista. Quindi la figura del palliativista può intervenire al momento della diagnosi come accompagnamento della parte oncologica attiva o nel momento in cui l ‘oncologo decide che le sue armi non sono più funzionali e quindi è indicato un trattamento puramente sintomatico della malattia.”
Negli ultimi 15-20 anni, l’intervento sulla malattia oncologica ha abbracciato un approccio multidisciplinare che coinvolge diverse figure professionali. Tra queste, il palliativista ha assunto un ruolo fondamentale all’interno dell’equipe, fornendo un supporto prezioso nella gestione dei sintomi sia derivanti dai trattamenti specifici proposti dall’oncologo, sia quelli legati direttamente alla malattia. L’inclusione del palliativista nell’equipe multidisciplinare è ormai una pratica diffusa negli ospedali italiani.
Le cure palliative si concentrano sul trattamento dei sintomi associati alla malattia, come il dolore, la nausea, la dispnea e la stanchezza, che spesso possono essere debilitanti per i pazienti oncologici. Grazie all’uso di terapie farmacologiche adeguate, gestione del dolore, consulenza psicologica e supporto emotivo, le cure palliative mirano a garantire il massimo comfort possibile al paziente. Inoltre, esse forniscono assistenza per affrontare i disturbi del sonno, la perdita di appetito e gli effetti collaterali dei trattamenti oncologici.
“Le cure palliative vanno ad agire anche sui sintomi emotivi, nel senso che l ‘approccio è un approccio del prendersi cura, quindi prendersi carico sia della malattia sia della persona e quindi anche dello stress emotivo, la componente psicologica, la gestione sociale della famiglia, l’insieme della persona.”
I sintomi fisici dati dalle malattie oncologiche e gestibili attraverso le cure palliative sono tanti e disparati, e dipendono dal tipo di malattia e dalla sede di questa. Tra i sintomi predominanti ci sono: il dolore, che può essere continuo o legato al movimento; la mancanza di respiro, improvvisa – legata a un’evoluzione infausta della malattia – o da accompagnamento alla diagnosi – ad esempio nel caso di un tumore ai polmoni o alla pleura; il mancato nutrimento, che può essere di tipo meccanico – quindi un difficile transito del cibo tra lo stomaco e l’intestino – o dato dall’assenza di appetito, associata a nausea e vomito; la stitichezza, che può dipendere sia da trattamenti farmacologici che da condizioni cliniche legate alla malattia.
A questi sintomi fisici si aggiungono anche quelli mentali. Le malattie oncologiche, infatti, possono avere un impatto significativo sull’aspetto psicologico ed emotivo del paziente. La diagnosi di cancro spesso scatena una serie di reazioni, come la paura, l’ansia, la tristezza e la perdita di speranza. Le cure palliative contribuiscono anche da questo punto di vista: offrono supporto psicologico e terapia per aiutare i pazienti a gestire queste emozioni complesse. Attraverso colloqui individuali, gruppi di supporto e consulenza familiare, gli operatori delle cure palliative lavorano per alleviare lo stress e promuovere un benessere emotivo ottimale.
Infine, abbiamo chiesto al Dottor Riccardo Valsecchi di raccontarci un’esperienza particolarmente significativa vissuta di recente in VIDAS. Di seguito il racconto:
“Sono tantissime, ma l’ultima che mi ha colpito in modo particolare riguarda una donna giovane di 58 anni, che abbiamo seguito in tutti e tre i setting dell’assistenza. Affetta da un tumore del retto, operato, recidivato e trattato con diverse linee di chemioterapia presso un’altra struttura, al momento della recidiva ha presentato anche un’infiltrazione della vagina e quindi una fistolizzazione fra l’intestino e la via vaginale. Nel momento in cui le è stato proposto un intervento derivativo lei ha rifiutato perché sarebbe cambiata completamente l’immagine del suo sé e quindi ha deciso di vivere e convivere con la sua malattia per 8 mesi.Era una docente universitaria di matematica e fisica, quindi molto razionale, molto determinata nelle sue scelte, consapevole della sua condizione e che ha voluto gestire il dolore fin quando ha potuto come voleva lei: lei decideva gli orari delle medicine anche se non era un in linea con la normale modalità di somministrazione. È venuta in ambulatorio praticamente fino a due settimane prima di morire, l’abbiamo presa in assistenza domiciliare a casa, abbiamo provato a gestire il dolore con scarso beneficio per gli effetti collaterali e a quel punto la signora ha scelto di fare una sedazione, in hospice. È precipitata in un weekend, è stata sedata a casa, poi è stata accompagnata in hospice ed è deceduta in quella settimana.”