Nel linguaggio comune quando si parla di una malattia, le parole terminalità e inguaribilità possono sembrare sinonimi, invece c’è più di una differenza tra malattia terminale e malattia inguaribile.
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La parola terminalità indica una prognosi di vita limitata nel tempo e basata su:
Per malato in fase terminale si intende una persona affetta da una patologia cronica evolutiva in fase avanzata, per la quale non esistano o siano sproporzionate eventuali terapie aventi per obiettivo una stabilizzazione della malattia e/o un prolungamento significativo della vita.
Con il termine inguaribilità si fa riferimento a una patologia cronico-degenerativa per la quale nessun tipo di terapia è in grado di portare alla guarigione la malattia stessa che condurrà pertanto alla morte in tempi non prevedibili. Questa condizione non implica che non ci sia più nulla da fare, in quanto di un malato inguaribile ci si può prendere cura nella sua totalità di individuo sofferente, quindi sul piano psico-fisico, fino agli ultimi istanti di vita.
La differenza consiste nel diverso approccio che i due aggettivi inducono ad avere nei confronti della patologia: il primo utilizza il criterio temporale come primario, mentre il termine inguaribile non pone l’accento sull’ineluttabile avvicinarsi della morte, quanto piuttosto sull’impossibilità di guarire.
La malattia in fase terminale non è altro che una malattia inguaribile arrivata a un punto tale che assenza di terapia risolutiva, corredo di sintomi e valutazione prognostica ci fanno pensare che il paziente abbia un tempo di vita breve davanti in cui sia necessario un approccio di cura volto a migliorare la qualità della vita residua.
Per i pazienti oncologici la fase terminale viene stabilita indicativamente con un criterio temporale, mentre per le patologie croniche degenerative non oncologiche è necessario individuare altri criteri, che non riguardino solo la durata della vita residua. L’andamento delle patologie cronico-degenerative vede l’alternarsi di momenti di crisi e di relativo benessere all’interno di un trend comunque di progressivo peggioramento. Ognuna di queste crisi può determinare un peggioramento definitivo. Il caso tipico è quello del paziente affetto da SLA che può sviluppare un quadro di insufficienza respiratoria acuta che può portare alla morte se il paziente stesso non sceglie la ventilazione assistita.
Per quanto le cure palliative siano nate in ambito oncologico, esistono anche molti malati inguaribili non oncologici per i quali non è sempre possibile definire un criterio temporale relativo al momento della loro morte. Fanno parte delle patologie meritevoli di cure palliative le gravi insufficienze d’organo come ad esempio le cardiopatie, l’insufficienza renale e respiratoria, la cirrosi epatica scompensata, le malattie neurodegenerative come la SLA. Per tutti questi malati, oncologici e non, l’obiettivo primario delle cure palliative è ottenere la migliore qualità di vita per sé e per i familiari, secondo l’assunto per cui “quando non c’è più niente da fare, c’è ancora molto da fare”.
Questo presupposto è alla base dell’attività svolta da VIDAS, che dal 1982 si batte per difendere i diritti del malato a vivere anche gli ultimi momenti di vita con dignità. Questo perché c’è una differenza tra inguaribilità e incurabilità, che quindi non devono essere intesi come sinonimi: le malattie possono essere inguaribili, ma le persone sono sempre curabili, per cui anche dove non è più possibile guarire, è ancora possibile curare.
Le cure palliative non sono finalizzate a combattere la malattia, piuttosto è una disciplina che “cura quando non si può guarire”. L’obiettivo prioritario delle cure palliative è assistere e accompagnare il malato concentrando l’attenzione sulla qualità della vita e garantendo che il tratto finale della vita sia il più possibile sereno e dignitoso, sostenendo la famiglia nel compito di cura e di prossimità. Per questi malati un approccio multidimensionale ai bisogni può consentire di alleviare la sofferenza, il dolore e gli altri sintomi, tenendo conto dello stato psico-emotivo e delle problematiche connesse alla sfera sociale, culturale e spirituale.
Dal 1982 VIDAS assicura assistenza in cure palliative agli adulti e dal 2015 anche cure palliative pediatriche, secondo un percorso che risponde ai bisogni specifici di ogni singolo paziente e dei suoi familiari. L’approccio prediletto è l’assistenza domiciliare, che permette al malato di ricevere le cure necessarie delle équipe multidisciplinari tra le proprie mura domestiche, vicino ad affetti e ricordi. Nei casi in cui il domicilio non sia il luogo adatto all’assistenza, oppure i familiari abbiano bisogno di un periodo di sollievo dall’assistenza continuativa del malato, VIDAS offre anche un servizio di degenza senza costi aggiuntivi per i pazienti e le loro famiglie, attraverso gli hospice Casa VIDAS e Casa Sollievo Bimbi, rispettivamente rivolti ad adulti e minori affetti da malattie inguaribili.
Per ricevere maggiori informazioni e per richiedere un colloquio è possibile contattare l’Unità Valutativa di VIDAS attraverso i seguenti riferimenti: