Organizzazioni non profit, enti senza scopo di lucro, associazioni di volontariato, enti del terzo settore: sono tante le denominazioni che vengono comunemente utilizzate per identificare le realtà organizzative nate allo scopo di soddisfare dei bisogni sociali senza ottenerne un guadagno. L’ambito di attività di questi enti è molto ampio e variegato e la Riforma del Terzo Settore ha uniformato la normativa in materia. Cerchiamo di fare chiarezza, concentrandoci sul significato di organizzazione non profit e sulle recenti modifiche apportate a seguito della riforma.
Le organizzazioni non profit sono enti senza scopo di lucro che svolgono attività di interesse generale e di utilità sociale senza ottenerne un profitto, o meglio senza che i guadagni possano essere suddivisi tra i soci. Compongono l’insieme degli Enti del Terzo Settore tutti gli enti senza scopo di lucro e le imprese sociali che si iscriveranno nel RUNTS. Sono una realtà sociale, economica e culturale che si affianca alle attività dello Stato e della Pubblica amministrazione (Primo settore) e delle imprese (Secondo settore) e che appunto racchiude tutte quelle attività che invece operano per il bene comune.
Il D. Lgs 117/2017 (Codice del Terzo Settore) ha recentemente disciplinato questo settore, introducendo numerose novità e indicando con precisione i confini operativi e concettuali di tutte le realtà che ne fanno parte. Sono più di 300 mila in Italia e hanno caratteristiche molto diverse tra loro: ciò che le accomuna però è l’obiettivo principale, che deve riguardare la promozione di attività culturali, economiche e sociali che abbiano un’utilità sociale di interesse generale.
Secondo l’art.5 del Codice, si considerano di interesse generale le attività che si occupano di:
Capita spesso di usare indifferentemente le diciture “organizzazione no profit” e “organizzazione non profit”, come se fossero dei sinonimi. In realtà non è propriamente così, perché sussiste una differenza sostanziale tra le due terminologie. Dire “no profit” infatti sottende l’assoluta negazione che l’associazione possa produrre un profitto; invece “non profit” deriva dall’inglese “not for profit” e presuppone che il profitto ci sia, ma non sia l’obiettivo principale dell’ente. Ecco perché è più corretto dire “ente non profit”, tenendo conto che il profitto è necessario anche per le associazioni a scopo sociale, con la specifica che questi guadagni devono essere utilizzati per portare avanti le attività oppure devono essere accantonati per il futuro, ma non possono essere distribuiti tra i soci.