Cara M.,
stamattina sono scesa presto, prima che arrivassero altri, a darti il mio saluto, usando quel “tu” così confidenziale che avevo preferito non usare, nonostante le tue insistenze.Eri bellissima come sempre e come sempre straordinariamente ironica.
Il lungo abito da sera, i guanti di tulle, le scarpe con il tacco altissimo: gli abiti che ti eri scelta per tempo, per essere perfetta anche a quest’ultimo appuntamento. E accanto a te, immancabili, sigaretta e accendino.
Ho pensato che mi sarei commossa per l’intensità che ha accompagnato la nostra storia di medico e di paziente. Invece ho sorriso, perché ancora una volta sei riuscita a stupirmi. Sorridevi anche tu: non avrebbe avuto senso fare altro.
Sei stata un incontro prezioso, così consapevole, spiritosa, disincantata e appassionata. Sei stata viva davvero anche se per un tempo ingiustamente breve.
Questa è la risposta alla domanda che un giorno ci hai fatto a bruciapelo, con quel tuo modo che non lasciava scampo alla menzogna: “quando non ci sarò più, vi mancherò?”.
Per conto mio sono davvero felice di averti incontrata.