di Giuseppe Ceretti
È tempo che le parole tornino nell’alveo del loro significato originario. Così è per positivo che riprende le vesti dell’aggettivo che indica solidità, validità e abbandona il triste abito ad esso imposto nei tempi del Covid. Perciò possiamo, senza tema, tornare a definire positivo il beneaugurante sorriso con il quale Lia Biagetti ci accoglie. Oltre si avverte l’indole di una persona che agisce in modo costruttivo, con tenacia, incline a raccogliere il lato migliore di chi le sta di fronte.
Lia è responsabile infermieristica di Casa Vidas, la custode delle chiavi del regno o, ancor meglio, della cabina di comando operativa quotidiana.
È vero sono state sostituite parti usurate nel tempo, come i pavimenti e altro e sono stati creati nuovi uffici, come quelli per l’area psicologica e la farmacia, ma l’in- tervento principale ha riguardato la climatizzazione, resa personalizzata e costante nelle ore diurne e not- turne, con grande beneficio per i pazienti. Ricorderei anche la tinteggiatura delle camere con colori caldi che si trovano nelle nostre case e quindi adatti a creare un ambiente familiare.
Attività, tengo a sottolinearlo, che non sono state sospese per i lavori, che avrebbero inciso non in modo significativo, ma per il Covid e le necessità di tutela imposte.
Siamo ancora nella coda della gestione post-pande- mica, che ha imposto restrizioni per i familiari fino allo scorso febbraio. Infatti, il caregiver principale ha sempre potuto accedere senza limitazioni e, anzi, avrebbe potuto restare all’interno della struttura anche in piena pandemia. Viceversa, c’era il limite di tre familiari, che potevano accedere dalle 12 alle 19, restrizione caduta nelle ultime settimane. Oggi i familiari – e nella categoria comprendiamo anche amici, vicini di casa, non solo i parenti – possono entrare in hospice e restare in camera con i pazienti a due a due.
Nel tempo di chiusura del day hospice, Marzia, la nostra terapista occupazionale ha comunque lavorato attivamente in reparto. Una presenza così richiesta che ci ha indotto ad aumentare le aperture durante la settimana. L’interazione con i pazienti, ciò che più conta, è cresciuta con un livello di qualità mai raggiunto prima. Le attività di animazione sono state dunque ampliate perché si sono rivelate d’importanza primaria, ben oltre le attese
Senza fare classifiche, che trovo poco significative, sottolineo l’estremo gradimento incontrato dalla pet therapy che riprenderà al più presto. È nostra intenzione aumentare la disponibilità dalle attuali due volte alla settimana per due ore.
Sì, ma non c’è da stupirsi. Non so come altrimenti spie- gare: gli animali dispensano coccole, un bene inestimabile quando il fisico è così provato. Non è facile perché le procedure da rispettare sono rigorose e richiedono la massima attenzione.
Anche la musicoterapia, altra risorsa del cuore di chi soffre, sarà ripresa al più presto.
[Lia per un istante mi guarda come se venissi da un altro pianeta. Poi il suo sorriso riprende a dar colore al viso] Perché il futuro non è questione di anni, giorni o mesi. È l’istante appresso, i dieci minuti che ti fanno dimenticare di essere prigioniero di un corpo malato, che ha un’aspettativa di vita così limitata.
Oggi ci sono due persone giovani, due madri che hanno meno di quarant’anni, e questo ci tocca profondamente – due donne la cui vita è accorciata così precocemente e che sentono la vita che viene meno non possono non commuoverci. Siamo dilaniati e cerchiamo di corrispondere a tutte le richieste e i desideri. Allo stesso modo, lavoriamo per rimandare a casa, anche solo per pochi giorni, i pazienti che spesso arrivano direttamente dall’ospedale. Restituiamo una parvenza di normalità e un pezzo di vita, lavoriamo in tempi stretti, ci organizziamo per permettere loro di dare l’ultimo saluto alla loro casa – è un buon risultato, è così liberatorio dare corpo a un desiderio.
“In vista della primavera stiamo ripristinando gli angoli verdi che, causa cantiere, sono stati smantellati. Penso in particolare al giardino di rose dedicato a Rosa Serrano, una collega scomparsa quattro anni fa. Vorremmo ricollocare le rose che tanto amava in un luogo ancor più grande, se possibile.”
Ritrovo il suo sorriso all’atto del congedo. Il lavoro l’attende. Non so perché, ma mi rendo conto che non c’è niente da capire. Meglio: capire che non c’è niente da capire.
Questo articolo è stato tratto dal Notiziario VIDAS. Leggi l’ultimo cliccando QUI