“- Alice: Per quanto tempo è per sempre?
– Bianconiglio: A volte, solo un secondo.”
Giovanni, volontario in Casa Vidas, probabilmente risponderebbe come Bianconiglio. Istanti, secondi, attimi di vita che sono luce, che aprono cuore e mente e che ci aiutano a crescere.
COGLIERE L’ISTANTE
Mi sono abbonato
all’istantee con lui vado
attraverso il tempoche egli trafigge
per venire da me,e noi restiamo insieme
come l’acqua e lo stagno.Quando, va a sapere perché,
il contatto si rompe,divento un errante
o piuttostoho perduto
ciò che sono.Da quando ho iniziato la mia esperienza in hospice, mi sono accorto di come le sollecitazioni e le occasioni per fermarsi e raccogliere le idee possano arrivare davvero da tanti angoli diversi. È il caso, ad esempio, di questa breve poesia del francese Eugène Guillevic, che in poche righe ci restituisce un’immagine viva e potente dell’istante. Leggendola mi sono accorto di come abbia saputo cogliere la sua straordinaria importanza, la sua forza e soprattutto di come sia quasi ritagliata su misura rispetto a ciò che mi porto dentro ogni fine turno. Se infatti dovessi sintetizzare al massimo, direi che ogni volta che lascio la casa mi accompagnano una serie di istantanee, di immagini. E la soddisfazione più bella e gratificante è proprio quella di riuscire a cogliere questi momenti, a farli miei.
Mi pare che l’ossimoro iniziale tra “abbonamento” – qualcosa che si ripete con regolarità – e “istante” – un semplice “momento” che chiede di essere vissuto per quello che è, di essere riempito di senso, di essere colto anche nella sua imprevedibilità – si sciolga subito quando Guillevic ci dice che quest’ultimo ha a che fare con il “tempo”, che poi altro non è se non quella dimensione del vivere con la quale dobbiamo fare i conti. Credo proprio che il poeta intenda con “abbonamento” l’idea di uno “stato d’animo” che funzioni abitualmente, una capacità di catturare ciò che accade intorno a noi, anche le cose più piccole e nascoste: nella nostra esperienza i volti delle persone che incontriamo per pochi minuti, i loro sorrisi, la loro sofferenza, una parola detta e una ricevuta. Tutto questo, e tanto altro, significa “vivere insieme all’istante”, con in più la convinzione che è lui il protagonista, perché è lui che viene a noi perché lo si “accolga”. E noi – per seguire quanto sembra suggerirci la poesia – questi istanti li dobbiamo appunto accogliere come lo farebbe l’acqua di uno stagno, solo apparentemente immobile e ferma, ma al contrario piena di vita nascosta, capace di calore e intimità.
Non è forse vero che noi siamo fatti di un “pulviscolo” di istanti, di questi piccoli momenti che ci costruiscono pian piano, con cui attraversiamo il tempo? Senza poi dimenticare che, rovesciando la prospettiva, a nostra volta dobbiamo sempre concederci il tempo di aprirci a questi attimi. Ecco perché è bello essere attenti a sfruttare tutte le offerte e le provocazioni che gli istanti ci presentano, anche le più nascoste. La nostra esperienza con i malati e le loro famiglie è davvero uno splendido esercizio di “educazione all’istante”, qualcosa che oltretutto sembra andare controcorrente rispetto a un mondo e a una cultura troppo spesso votati alla distrazione, alla fretta e alla perenne rincorsa di non si sa bene cosa.
Mi piace pensare che il nostro piccolo contributo come volontari passi anche dalla nostra capacità di vivere e condividere questi istanti. E non solo: mi piace pensare infine che questo privilegio che ci è riservato possa diventare un costume, una bella abitudine nella vita di ogni giorno, affinché quella che il poeta chiama “trafittura” dell’istante diventi realmente un momento in grado di accrescere la comprensione di noi stessi e del nostro rapporto con chi incrociamo lungo il cammino del tempo.