Parlare di morte ai bambini e agli adolescenti non è mai facile. Ma ogni genitore, insegnante o nonno, almeno una volta si è trovato di fronte al problema di come parlare di morte ai ragazzi. Beatrice Masini, autrice e traduttrice di libri per bambini e per adulti, a questa domanda risponderebbe che si può scriverne. Più di quelle dette, infatti, le parole scritte hanno la capacità di modellare percorsi di pensiero, riflessione e dialogo. Ne abbiamo parlato insieme in questa intervista alla scrittrice.
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Beatrice Masini è una scrittrice, giornalista e traduttrice italiana, classe ’62. Dal 2015 dirige la casa editrice Bompiani ed è nota in particolare per aver scritto diversi libri per bambini e ragazzi. Come traduttrice, invece, ha lasciato il segno soprattutto per essersi occupata della traduzione italiana della nota saga di “Harry Potter”. Più volte, nel corso della sua carriera, la scrittrice ha affrontato i temi del distacco e della separazione, scrivendo diversi libri per avvicinare i più piccoli alle emozioni difficili, come ad esempio “Il buon viaggio” (edito Carthusia).
Le abbiamo chiesto di raccontarci come è stato:
“Credo che i libri per bambini e ragazzi debbano parlare della vita, magari attraverso le fantasticherie e i viaggi altrove, ma possano ‘dire cose’ (e non intendo ‘portare messaggi’) e stare agganciati alla realtà. Giocoforza i temi del dolore, separazione, morte sono stati costanti, per me, in tanti anni di lavoro.”
In merito al quesito su come parlare di morte ai ragazzi e su come aiutarli ad affrontare il dolore e la separazione, la scrittrice si è così espressa:
“Il tema della relazione con qualcuno che non c’è più si trova in due dei miei primi romanzi. Uno è della fine degli anni Novanta e s’intitola “Bimbo d’ombra” (edizioni Arka). Racconta il legame tra due fratelli: il più piccolo, che non c’è più, ricompare sopra l’armadio e riprende con l’altro, dopo la morte, una conversazione. Ancora, nel ’98, ho scritto “Se è una bambina” (ora è nella BUR ragazzi). Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, è il dialogo con la mamma morta sotto i bombardamenti di una bambina di cinque o sei anni che deve cavarsela da sola. In parte è la storia di mia madre rimasta orfana da piccola”.
Anche in altri tre casi più recenti l’autrice ha raccontato storie di questo genere: “Il buon viaggio”, “Si può” e “La casa con tante finestre”, tutti editi da Carthusia. In tutti e tre i lavori si è trattato di libri su commissione, con un progetto elaborato insieme, fatto di incontri con gli editori e vari specialisti. Beatrice ci racconta:
“Nessuno di questi è un racconto didascalico. Non contengono qualcosa di già dato ma portano dentro una storia e intorno a un tema. Io non dico ‘Le cose devono essere così, sono così’ perché le cose non sono mai semplicemente così – e non è facile tenere la barra. Vorrei che i miei libri fossero inutili nel senso migliore del termine, non a tema, non a tesi. Negli anni Novanta, più e diversamente da adesso, le storie su temi difficili venivano avvertite come non adatte ai bambini, apprezzate ma anche tenute a distanza, lette più dai grandi.”
Parliamo adesso di come vive l’incontro con i suoi lettori più giovani:
“Incontro per lo più i miei lettori nelle scuole e in biblioteca e dunque ci sono sempre adulti che fanno da mediatori: sono loro a invitare i ragazzi alla lettura e più di me rispondono ai dubbi e alle domande. Questa mediazione mi permette così di riportare gli interrogativi alla dimensione della pura storia, della pura narrazione (anche se rispondo con sincerità alle domande, anche molto esplicite). È importante che, in queste conversazioni, emerga che scrivere e leggere storie così è un modo per parlare di chi e dove siamo su un altro tavolo. Aiuta a pensarci sopra, magari non in quel momento, perché i libri riaffiorano, restano, ci costringono a tornare indietro secondo percorsi mutevoli e imprevedibili”.
Continuiamo l’intervista facendoci raccontare come, secondo Beatrice, i libri possano aiutare i bambini ad affrontare la morte:
“Il bello dei libri è che rendono possibile entrare nelle vite degli altri, fare esperienze che non sono le tue o lo sono solo in parte, con quel misto di partecipazione e distacco che è la molla del gioco: sparisci dentro la storia, ti fai inghiottire e poi riemergi, e una volta fuori ne parli con qualcun altro, ragazzino come te o adulto. Libri come ponti di incontro e momenti di scambio.”
Il modo in cui un bambino elabora l’esperienza del lutto dipende da diversi fattori: alcuni soggettivi, come la sua personalità o il legame affettivo che lo lega alla persona morta o che sta per morire, altri oggettivi e che riguardano la fascia di età a cui appartiene. Dunque, non esiste un modo univoco e universalmente valido per trattare il tema della morte con i più giovani. Ci sono però alcune indicazioni generali per aiutare un bambino ad elaborare il lutto di una persona cara e interpretare la morte come un evento naturale che fa parte del ciclo della vita di tutti noi.
Così, oltre alle importantissime parole di Beatrice Masini in merito, vi suggeriamo una preziosa lettura per approfondire l’argomento: “Come preparare i bambini all’elaborazione di un lutto”.
VIDAS offre un servizio di sostegno psicologico al lutto per tutti coloro che sentono l’esigenza di essere accompagnati durante il doloroso percorso di elaborazione di un lutto. Le modalità di sostegno sono diverse, a seconda delle esigenze di chi le richiede. Per maggiori informazioni è possibile scaricare la brochure informativa o contattare il numero 02.3008081.