Ricordo ancora la grande emozione il 14 dicembre 2017 quando appresi la notizia dell’approvazione in Senato della legge sulle DAT. Ero in hospice e stavo parlando con la coordinatrice infermieristica: lei mi guardò preoccupata chiedendomi se stessi piangendo e perché… in effetti avevo gli occhi lucidi! Finalmente la legge, tanto attesa, sul biotestamento era stata approvata, nonostante il difficile momento di vita del parlamento italiano. Dopo essere stata promulgata dal presidente della Repubblica il 22 dicembre 2017, la legge 219 è entrata in vigore esattamente un anno fa: era il 31 gennaio 2018.
Oggi, dunque, vogliamo fare festa invitando quanti ancora non avessero avuto occasione di farlo a dedicare una decina di minuti del proprio tempo per la lettura integrale della legge n.219/2017. Niente paura! È una legge di soli 8 articoli e di facile comprensione. Tuttavia, grazie a una recente indagine condotta da Focus Management per conto di VIDAS, ci si è resi conto di quanto prevalga il pregiudizio (positivo o negativo) nei confronti delle DAT (disposizioni anticipate di trattamento) e del biotestamento in generale piuttosto che la conoscenza reale della legge. Per questo invito tutti a leggere il testo della 219/2017: sono certa che, come è successo a me, rimarrai affascinato da alcuni passaggi (“Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” – art. 1 comma 8) e stupito dal fil rouge dell’intera legge che sottolinea continuamente l’importanza sia della costruzione di una relazione di fiducia tra paziente e medico e tra paziente ed équipe sia del consenso informato come strumento della relazione di cura nel quale “si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico” (art. 1 comma 2) sia della necessità di rispettare le volontà/richieste del cittadino-paziente, purché appropriate alle proprie condizioni di salute-malattia, anche quando questi dovesse rifiutare i trattamenti proposti. Una legge dunque che esalta la libertà di scelta del cittadino-paziente, pur sempre dentro i confini della normativa vigente e ricordando sin dalle prime battute l’intenzione di “tutelare il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona” (art. 1 comma 1).
Tra le altre cose, questa legge ribadisce con molta chiarezza che il diritto di sapere e di decidere per sé spetta prima di tutto al malato e questo ridà valore e fiducia alla relazione medico-paziente garantendo ancora una volta a quest’ultimo l’autonomia decisionale anche quando non voglia sottoporsi a determinati trattamenti “contro” il parere dei propri familiari. Ed è una legge che conferma le buone prassi cliniche e relazionali delle cure palliative in quanto le nostre équipe, ponendo al centro il malato e la sua famiglia, lavorano per dar vita alla pianificazione condivisa delle cure – PCC – (art. 5) quale espressione del lavoro necessario per garantire il rispetto delle volontà del paziente e basato sull’ascolto, sull’osservazione, sul confronto e sulla condivisione di obiettivi e priorità nella stesura di uno specifico piano assistenziale, diverso per ogni singolo assistito.
Quanto alle DAT (art. 4) esse rappresentano uno strumento “nuovo” per il cittadino-paziente per riflettere sul proprio fine vita e, dunque, sono un’opportunità in più per confrontarsi, aprendo il dialogo, con i propri cari su temi difficili da affrontare ma che riguardano in prima persona ciascuno di noi. La nomina del fiduciario che la legge suggerisce senza tuttavia porla come obbligo (art. 4 comma 1) è un altro dei punti chiave della legge che pare non essere stato compreso fino in fondo: il fiduciario infatti, non deve necessariamente essere un familiare stretto poiché si riconosce il diritto del paziente di coinvolgere nel proprio percorso di cura le persone a lui più care, indipendentemente dai vincoli parentali (art. 5 comma 2 e 3).
Dal punto di vista pratico, abitando a Milano mi ritengo fortunata poiché il Comune si è fatto trovare pronto sin dall’entrata in vigore della legge aprendo uno sportello che, sappiamo, nell’ultimo anno ha raccolto migliaia di DAT. Ma non è così per tutte le amministrazioni italiane che auspichiamo si muovano quanto prima per garantire i diritti dei cittadini. I quali, dal canto loro devono imparare a “far vivere i propri diritti consapevolmente nel modo più solenne ovvero semplicemente esercitandoli”. Queste ultime sono le parole che il Giudice della Corte d’Appello di Milano, Amedeo Santosuosso, ha usato per concludere il suo intervento il 12 dicembre scorso in occasione di un incontro pubblico in tema di biotestamento e che ti ripropongo perché se vogliamo che i diritti acquisiti siano anche rispettati, noi per primi abbiamo la responsabilità di farli vivere prima che ignoranza e pregiudizi li affossino.
E allora ecco da parte mia un ultimo invito, se vuoi un regalo di compleanno per questa legge da noi tanto attesa… Unisciti a noi nel chiedere l’istituzione di una Giornata del Biotestamento, che consenta di sensibilizzare un pubblico più ampio sui contenuti della legge 219/2017: ti basterà firmare la petizione su Change.org che abbiamo lanciato a questo scopo.