Le cure palliative pediatriche sono il corredato di un tempo della vita che non dovrebbe mai toccare a un bambino, il tratto finale – il periodo subito dopo il quale non c’è più niente.
Così inizia la chiacchierata con Michele Grillo, conosciuto in veste di presidente dell’associazione Davide il Drago, nata dopo la perdita di suo figlio più piccolo, sette anni, nell’ottobre 2013, per un sarcoma delle parti molli. La vita di Michele si è spaccata in due il 25 ottobre di tre anni fa – un colpo di lama netto tra il prima, con una famiglia fatta di un uomo e una donna sposati dal ’98 dopo un amore di 11 anni e i loro due figli, Davide e Tommaso, che oggi ha 16 anni, e il dopo. Ho voluto chiedergli cosa fosse stato quel periodo, i due anni della malattia di un bambino così piccolo.
Quando si è ammalato Davide era all’ultimo anno di scuola materna, si era a febbraio 2012.
L’inizio è lo spaesamento, non sai nemmeno in quale ospedale devi andare, finché la malattia ha un nome e cognome – e la vita viene stravolta. Gli operatori dell’ospedale ti aiutano e spronano, gestendo quel che si sviluppa da una settimana all’altra, perché sia tenuta la routine giusta. Incoraggiano a far frequentare la scuola perché i bambini devono andarci così come devono continuare giocare. Si alimenta la speranza, la si nutre fino all’ultimo, nonostante si sia entrati all’Istituto dei Tumori con un bambino di sei anni, sapendo, come si sa, che avremmo potuto non uscirne, anche quando tutti ci parlavano di guarigione. Ci siamo ritrovati a passare la maggior parte delle 24 ore lì oppure a casa sapendo di dover tornare lì, attorniati da bambini che, allo stesso modo, entrano, escono, e intorno a te c’è anche chi non ce l’ha fatta e conosci quelli che se ne sono andati prima, incontri papà come Fabio Terlizzi [presidente dell’associazione Con i piccoli angeli, nata dopo la scomparsa della figlia Rebecca, ndr] e bambini come Nicholas [i cui genitori hanno creato, Gli amici di Nicholas a supporto delle 2 associazioni Davide il Drago e Con i Piccoli Angeli, ndr] – malattie con decorsi diversi, più lunghi, strazianti. Entri in un mondo parallelo, che non sembra un mondo reale e, insieme, ne esci e hai amici con bambini sani e cerchi di capire da che parte ti trovi. Un po’ l’inferno e un po’ il paradiso – vivi sulle sabbie mobili ogni giorno, cercando di relazionarti.
Ho avuto la fortuna di poter seguire Davide, l’azienda mi ha concesso una larga flessibilità di orari, mia moglie ha chiesto l’aspettativa in virtù della legge 104. Davide è riuscito a frequentare tutta la prima elementare e all’inizio della seconda stava bene, a settembre 2013. Gli avevamo tolto anche il C.v.c, il tubicino che si usa nei bambini piccoli per somministrare le terapie. Sembrava che la malattia fosse, miracolosamente, rientrata. Invece, a fine mese, abbiamo avuto un episodio impegnativo. Un attacco di epilessia notturno – esiste questa componente nella sua malattia, di cui non ci hanno detto finché non ci è accaduto. Fatti gli accertamenti, ci hanno detto che non c’erano più possibilità.
Due anni è durata la malattia, anni drammatici, eppure lungo tutto quest’arco di tempo, mai abbiamo pensato di trovarci in quella condizione finale in cui i medici alzano bandiera bianca e non danno più speranza, cambiano registro, smettono di prospettare tentativi di guarigione e dare percentuali di successo. Da lì in poi si parla d’altro. Per noi è durata sette giorni. Il giovedì parlavamo d’altro e il venerdì successivo eravamo al funerale di Davide.
Non si sono create condizioni per entrare nell’hospice di Garbagnate, struttura per adulti con cui ci hanno messo in contatto perché pensavamo di avere tempo. Il venerdì abbiamo chiuso i rapporti con l’Istituto dei Tumori e, dal lunedì al venerdì successivo, la nostra vita è cambiata di nuovo. La malattia ti cambia tutti i riferimenti perché sei tutto per questo figlio e l’altro è magari parcheggiato e si va avanti per mesi e anni perché tu devi essere lì e qualcuno deve essere là. L’ultima settimana ci ha messo di fronte a una situazione che, confesso, per come si è sviluppata e fino ad oggi, nessuno di noi sapeva come avrebbe affrontato, e cosa avrebbe fatto, né da solo né in compagnia con gli altri della famiglia.
Davide era un personaggio che si divertiva da solo e faceva divertire gli altri anche quando era difficile e sembrava impossibile. Dopo il primo impatto con l’Istituto, dove incontri bambini pelati e vedi situazioni che non sono quelle della pediatria di un ospedale, una volta che ha guadagnato il controllo dei suoi strumenti, riusciva a far stare bene gli altri pur nella malattia e ciò è tutto merito suo. La malattia gli permetteva di stare con gli altri e uscire, a meno che non avesse i globuli bianchi troppo bassi. Siamo riusciti anche ad andare, tra l’ultima recidiva e la fine delle cure, tre giorni a Londra. Avevamo organizzato mesi prima, con il giro solito degli amici storici, di andare a vedere il Museo di Harry Potter. Tre giornate intense dopo un ciclo pesante di radioterapia, eppure siamo partiti. Era senza capelli e, col cappello e tanti limiti, siamo riusciti a divertirci con i suoi migliori amici di Sempre.
I draghi c’erano anche prima, disegnare gli piaceva e glieli disegnavamo anche noi, anch’io sono diventato un grande disegnatore di draghi, seppur scopiazzandoli. Sono rimasti come filo rosso, l’ha scelto Tommaso. Ha sostenuto la mia volontà di illuminare il ricordo di Davide con qualcosa di positivo, di chiaro.
So che quel che facciamo è utile. Ho avvicinato moltissime persone sconosciute – quindi non vale ricondurre tutto alla pietà nei miei confronti – e il lavoro, tanto lavoro gratuito e tante energie che sottraggono tempo agli affetti mi fanno pensare che, in qualche momento della mia giornata, essere utile può far star bene qualcun altro. Non vorrei che la mia vita restasse così ma non ho potuto sceglierla perché, se avessi potuto scegliere di non trovarmi ad essere il presidente di Davide il Drago, avrei rifilato questo asso di picche a qualcun altro. Non possiamo sceglierci la nostra vita se non per qualche passaggio. Le disgrazie ti trovi a viverle, qualcuno ha deciso di fartele vivere. Sono ancora combattuto tra quello che ero prima e quello che sono adesso e non so se questa è la mia vita o rappresenta solo un passaggio verso qualcos’altro.
Potrei smettere anche domani di fare il presidente di Davide il Drago, dovrei trovare qualcuno che si candidi e che condivida quello che abbiamo fatto e possa presentare altre proposte e attività collegate allo statuto che possano portare in una buona direzione. La questione, poi, si gioca anche sul piano affettivo: considerando che per me è un po’ vita, se cedo un pezzo di vita a qualcun altro, cosa faccio io?