“Cosa facevo prima di arrivare in VIDAS? Beh, ero felice,” comincia così il racconto di Elena, 82, paziente di Casa VIDAS. E poi continua: “Lavoravo, producevo un’ottima vernice antiruggine con materie prime veramente di buona qualità, davo da lavorare a cinque padri di famiglia, che non male. Sono sempre stata una persona attiva, mi interessavo di tutto, fin da piccolina.” Elena aveva solo 5 anni quando leggeva il giornale al suo papà. “Ho molto rispetto per le persone e per il lavoro che fanno, però non mi devono prendere in giro perché io so già dove vanno a finire.”
A più di ottant’anni, la tempra è ancora la stessa di sempre. Quella di una donna forte, curiosa del mondo, lavoratrice instancabile. “Ho lavorato fino a 78 anni, nell’ultimo periodo facevo consulenze. E poi con la pensione è arrivato anche il cancro, un mesotelioma ai polmoni, molto cattivo”.
È allora che inizia il pellegrinaggio di Elena in oncologia. “Quattro anni di chemio, ho perso tutti i capelli – una sofferenza per una donna bella come lei – però io andavo avanti lo stesso, sdrammatizzavo.”
All’inizio la chemioterapia sembra dare risultati soddisfacenti ma “da due anni non la faccio più, perché ormai fa solo danni, non serve più a niente. Non avevo dolori ma a casa da sola non potevo stare, avevo paura, e infatti sono caduta”.
Elena, spaventata chiama Carmela, che più che un’amica dopo 40 anni insieme è diventata una sorella, la sua famiglia. “Andiamo all’ospedale con l’ambulanza, al San Paolo, dove mi hanno messo i punti. Come potevo tornare a casa?”
A questa domanda risponde Carmela, che dice perentoria ai dottori “Questa è una donna sola, se me l’ha mandata a casa, chiamo i carabinieri! Mettetela in qualche posto di attesa fino a quando trovate una sistemazione stabile.” Così Elena firma il modulo di dimissioni senza nemmeno sapere dove sarebbe andata a finire…
E quando arriva qui in VIDAS trova “Gentilezza, cortesia, sorrisi, abbracci. Ho detto ‘Qui sono in paradiso’. Nessuno mi sposta. Questa è la mia casa. Di quella vecchia ho dato le chiavi alla mia amica,” racconta Elena molto soddisfatta.
Ci parla della sua giornata tipo, è contenta di poter uscire quando si sente in forze e di vedere gente. Le piace farsi accompagnare da Sergio, il volontario, fino al centro commerciale per fare quella che lei chiama “spesuccia” oppure andare dal parrucchiere per mettere in piega i capelli ricresciuti con la fine della chemio e ci scherza su: “Se facevamo il video domani pomeriggio che andavo dal parrucchiere vedevi com’ero bella!”
Eppure, quando le chiediamo se allora in Casa VIDAS si sente a casa la sua risposta ci lascia spiazzati perché risponde “No, io non mi sento a casa”. Ma la perplessità dura solo un momento, perché Elena riprende subito a parlare:
“A casa mia avevo paura, mentre mi sento bene qui. Mi sento protetta come se fossi in una culla. A casa ero sola e impaurita. Avevo paura a scendere dal letto perché non sapevo se le gambe avrebbero retto. Questa è la differenza. Bisogna provare, ma non lo auguro a nessuno: è un’esperienza troppo brutta. Perciò mi sento meglio qui che non lì.”
L’unica cosa che le manca della sua vecchia vita è il gatto, Mimì: “Per ora l’ho lasciato alla mia amica ma vorrei trovargli una nuova famiglia. È un gatto speciale, proprio un coccolone, qui tutti sanno che voglio sistemarlo e mi stanno aiutando a cercargli una casa, c’è molta solidarietà: dalla dottoressa ai volontari, tutti si fanno in quattro.”
Si vede che Elena si sente accolta, a proprio agio, è tornata la donna sicura che è sempre stata. “VIDAS ti dà la sicurezza che non sei solo. Morire da soli è brutto, soprattutto per una persona che è sola. Capito?
E allora VIDAS è una porta che si apre, qualcosa che ti dice “vieni, ti accompagno, sola non sei”