Che emozione essere la voce dei volontari Vidas sul nostro blog! Siamo e siamo stati davvero tanti in questi 30 anni, molti li ho conosciuti ma di altrettanti ho sentito solo raccontare nelle storie che si passano di bocca in bocca. È un po’ così che ci è venuta l’idea: perché non raccontarle anche a voi che ci leggete? Così io, che sono parte della squadra da soli 4 anni ma che amo Vidas come se vivessi questa avventura da sempre, farò da collettore per gli aneddoti dei miei compagni di viaggio. Naturalmente per motivi di privacy cambieremo i nomi di pazienti e familiari, ma pensiamo che la storia dell’associazione sia fatta da tutte queste piccole storie di vita quotidiana che vogliamo raccontarvi.
Ecco allora il racconto di Anna, una volontaria come me. Le sue parole su un incontro speciale in questo caso per un suo vissuto personale, per un cerchio che finalmente è stata in grado di chiudere. Ma i nostri incontri sono sempre speciali non fosse altro perché ogni persona ci porta la sua unicità e il suo vissuto.
Io, da sola posso fare poco; in gruppo, sostenuti dagli stessi principi e dall’amore per l’altro, nel nostro caso il malato giunto a fine vita, possiamo fare tanto.
Quel sabato non avrei dovuto andare da Fernando; avevo saltato a malincuore la visita del giovedì e proprio quel sabato sentivo io il bisogno di vedere Fernando e Giulia, sua moglie. Dalle telefonate intercorse durante la settimana avevo appreso che Fernando era peggiorato. Sentivo che dovevo andare e Giulia accettò con gioia e sollievo la mia proposta.
Quando vidi Fernando, mi si strinse il cuore… sul letto, immobile, indifeso, madido di sudore per la febbre alta; solo il gorgoglio dei rantoli spezzava il silenzio. Ho guardato smarrita Giulia che aveva il viso contratto. Ho sentito il bisogno di parlare con qualcuno, ho chiamato Alberto Meroni l’infermiere di guardia quel sabato il quale mi rassicurò dicendo che sarebbe arrivato al più presto. Mi sono sentita sollevata, confortata.
“Fernando, guardi come sono maestose le nostre montagne, i boschi, i prati sono pieni di botton d’oro…”
“Giulia stai vicino a Fernando, accarezzalo, fagli sentire la tua voce…”Il respiro non si sentiva quasi più… Fernando ha smesso di vivere dieci minuti dopo.
Fernando aveva occhi grandissimi, azzurri, buoni come mio padre, aveva anche lo stesso naso la stessa piccola bocca. Sembrava il mio papà, il papà che non vidi morire. Fernando lo sapeva e mi ha fatto un dono immenso. Mi ha aspettata prima di fare il grande passo, quasi sapesse che io avevo bisogno di chiudere quel cerchio ancora aperto. Grazie Fernando, grazie Giulia.
E grazie anche ad Alberto che è arrivato e con la sua voce ferma e la sua umanità e disponibilità mi ha dato la spinta per far fronte ai primi momenti di smarrimento e dolore che seguono la morte.
Siamo una squadra e solo insieme lo possiamo fare.