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30.07.2024  |  Operatori

Henry, l’hospice e Natalia Estrada

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Gemma Ghiglia lavora nell’ufficio comunicazione e ricorda così un paziente che ha passato diverso tempo nell’hospice Casa VIDAS

“Conosci Natalia Estrada?”
“Solo di fama”
“Uno del gruppo Amici di Henry la conosce di persona, e oggi ho parlato con lei!”

Il gruppo “Amci di Henry” è una chat su whatsapp nata per tenergli compagnia. Lui si chiama Henry Costantinou, ha 63 anni e un tumore orribile che doveva farlo morire in poche settimane e invece è riuscito a passare in Casa VIDAS quattro mesi.

L’ho visto tante volte, Henry. Camminare con il suo deambulatore tra i corridori dell’hospice, perché in camera stava sempre pochissimo; fumare sul terrazzino; parlare in salotto con Gian – un altro paziente di lungo corso con cui ha stretto una solida amicizia – parlare con gli studenti dell’alternanza scuola lavoro, parlare con gli operatori e parlare davanti a una classe di pazienti e famigliari, amici e staff, sulla cosmologia agraria – ovvero su come la posizione della Luna e dei pianeti influisce sul raccolto.

Insomma, a Henry piaceva parlare.

E un giorno, in video, mi ha raccontato la storia della sua vita.

Di madre inglese e padre greco, nasce a Londra ma gira a lungo e passa buona parte della sua vita in Italia lavorando come agricoltore (da cui il suo interesse per la cosmologia agraria). Mi racconta di sua figlia, mi racconta della sua malattia.

Parla sempre con molta cura e dalle sue parole si percepisce una grande sensibilità, uno spirito fragile e allo stesso tempo indomito, tipico di chi ha sbagliato tanto e sofferto ancora di più.

A Henry piaceva anche andare a cavallo, e quando Trilli veniva in reparto non voleva lasciarla andare più. Alla fine, è riuscito a farsi esaudire un desiderio e ha cavalcato un’ultima volta, in un maneggio fuori Milano.

Henry con Trilli, il pony della Pet Therapy

A Henry piaceva la vita, ma non aveva paura della morte. La sua serenità davanti all’inevitabile è una delle cose che mi ha colpito di più durante la nostra intervista. Era preparto, sapeva cosa aspettarsi, ne parlava con i medici senza timore. Era d’ispirazione per gli altri pazienti, che gli confidavano le loro preoccupazioni, a volte in segreto, a volte no.

Aveva un livello di consapevolezza di sé e della sua condizione raro da trovare.

L’altra cosa che mi ha colpito è il suo cuore.
Era come se la solitudine lo avesse strappato in un angolo e Casa VIDAS lo avesse rattoppato. Come se conoscere Gian gli avesse dato un punto di sutura, come se accarezzare Trilli gliene avesse dato un altro, come se pranzare in terrazzo, sotto il sole e con un bel venticello fresco, in compagnia di Maura e Lia gliene avesse dati altri due…E così via.

Spesso si pensa all’hospice come un luogo di assistenza sanitaria, dove la sofferenza fisica più estrema viene annullata. Ed è senz’altro così, ma guardando ad Henry capisci che lo stesso vale per la sofferenza personale.

Mi piace pensare di aver dato al suo cuore un punto di sutura anch’io, con il nostro video. Quando abbiamo finito di guardarlo i suoi occhi scuri erano lucidi e mi ha detto solo “Grazie” e “me lo mandi, vero?”, “Certo Henry”.

Lo ha subito condiviso nella sua chat. Forse lo ha visto anche Natalia Estrada.

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