Giovedì 14 dicembre è stata una bella giornata e non solo per la coincidenza del sole che illuminava Milano. La legge sulle disposizioni anticipate di trattamento finalmente è stata approvata.
Avremo tempo e modo di dare alla comunità di Vidas ogni ragguaglio utile alla comprensione della nuova normativa. Eccovi intanto il testo approvato a larga maggioranza anche dal Senato in via definitiva: Il disegno di legge.
Oggi tuttavia, prima di ogni altra considerazione, la memoria va alla nostra fondatrice, Giovanna Cavazzoni. Da qualunque parte crediamo ci guardi, ieri è stato anche il suo giorno.
La parola chiave che mi pare ci possa congiungere idealmente a lei è coraggio, quel coraggio che smuove le montagne e rende possibile ciò che pare impossibile.
Quando quest’avventura è stata concepita, il rituale d’accompagnamento della persona cara era il passaparola della pietà per il parente, l’amico, il vicino. Altro era il diritto al fine vita nella società “ufficiale” che semplicemente non esisteva.
È in quel clima che nasce Vidas, che ha saputo sfidare e vincere il tabù. Ecco che cosa vuol dire coraggio: vuol dire non temere convenzioni, chiusure ufficiali, ma prendere parte, in nome della giustizia e della solidarietà. È in queste parole cardine la matrice originaria e irripetibile di questa comunità, il suo DNA.
Tanto più è una sorta di dovere, di imperativo morale far sì che, in nome del corredo genetico di cui Vidas è fornita, essa viva immersa e coinvolta nel suo tempo, ne colga nuovi mali e nuovi bisogni. La domanda che dobbiamo porci è questa: il concetto di morte con tutto ciò che trascina, è ancora figlio delle logiche di 35 anni or sono? Siamo ancora figli dell’ebbrezza dei consumi?
Avvertiamo, è vero, molti rumori sinistri e preoccupanti. Tuttavia, tra essi, cogliamo anche nuove sensibilità che parevano sopite, nuove domande di solidarietà. Perché se è vero che scienza, medicina e tecnica hanno dilatato lo spazio del fine vita, è altrettanto palese che tali dottrine non possono fornire risposte definitive e tantomeno esaustive a una domanda di assistenza che cresce in modo esponenziale.
Ecco ciò che ci dicono tante voci sui temi dell’accompagnamento verso una morte dignitosa. Non solo riguardo a episodi estremi, eclatanti, come furono i casi Welby ed Englaro, che hanno avuto l’incommensurabile pregio di rompere una cortina di silenzio, ma ora e finalmente questi temi sono calati nella normalità quotidiana, con le mille implicazioni che essa comporta.
Ecco perché salutiamo con gioia l’avvento di norme rispettose dell’individuo. Il diritto alla morte dignitosa reclamato per anni a gran voce trova oggi spazio, accanto a quello della determinazione e della salvaguardia di ciò che il nostro Giorgio Cosmacini chiama identità biografica.
Non c’è dunque in questa travagliata società italiana solo il deserto di valori che talune vicende di ordinaria follia lasciano intendere, ma un’attenzione che nasce dalla scoperta o meglio dalla riscoperta di valori autentici che ci rendono più sensibili. La crisi della politica è crisi della politique politicienne, ma non dei valori di cui la politica sembra non volesse più o non fosse più in grado di occuparsi. Ieri con l’approvazione di una legge di grande valore civile, non è stato così.
Sì, è stata davvero una bella giornata.