Immortali? Sì, questa è la risposta che la mente umana istintivamente darebbe a se stessa, perché a livello primordiale l’essere umano vorrebbe essere onnisciente e onnipotente, cioè una divinità! Purtroppo la realtà della vita obbliga sempre l’essere umano a fare i conti con i limiti, tra questi quelli del proprio corpo e della longevità.
In questo braccio di ferro tra l’ecce homo e quello mortale, l’essere umano ha sempre cercato di oltrepassare i confini della razionalità attraverso la spiritualità e la possibilità di una vita oltre quella terrena. Per questa ragione le popolazioni da sempre hanno dato una grande importanza al culto dei morti per mantenere contatto e continuità affettiva con loro.
Il percorso psicologico dell’elaborazione del lutto per il caro estinto passa dal dolore per la perdita della persona concreta ed amata fino a raggiungere un “buon ricordo” interiorizzato nell’accettazione della perdita e dell’assenza perenne. Ma questo percorso della mente è lungo e faticoso e per questa ragione l’istinto umano tenderebbe ad evitarlo attraverso formule “magiche” che permetterebbero un continuo contatto e dialogo con il defunto, dando linfa a modalità e ritualità che permettono questa continuità relazionale del dialogo tra i due mondi. È proprio in quest’ottica che nasce il servizio Eterni.me (raccontato in questo articolo de La Lettura del Corriere della sera), con l’ambizioso ed illusorio scopo di mantenere un dialogo virtuale interattivo con i defunti, attingendo ad una banca dati fatta di emozioni, opinioni e ricordi lasciati in rete prima della morte e incarnati in un avatar, ovvero un’immagine con le sembianze del proprio caro.
Se da un lato questo progetto incontra il bisogno di ciascun essere umano di essere ricordato dopo la morte, esigenza testimoniata anche dalla tradizione, ormai in disuso, di attribuire ai figli i nomi dei nonni, dall’altro si corre il rischio di alimentare la fantasia di un’interazione ancora possibile, rendendo ancora più lunghe e difficili l’elaborazione del lutto e l’accettazione del limite.
Grazie per la collaborazione nella stesura del post a Francesca Brandolini, tirocinante Vidas