Di madre italiana e padre greco, Henry ha vissuto la maggior parte della sua vita a Londra, fino a quando un paio di anni fa ha raggiunto sua figlia qui in Italia.
A 63 anni un tumore inguaribile lo costringe ad abbandonare il suo lavoro in campagna per un ricovero in hospice. Ma il rapporto con la natura, che ha caratterizzato tutta la sua vita, non lo abbandona mai.
“Ho capito diverse cose lavorando a contatto con la natura. Ad esempio, che la natura spesso è invisibile, ma è sempre percepibile.”
Un parallelismo che fa con l’ambiente che lo ha accolto in Casa VIDAS: “La chiave qua è il cuore, ma si percepisce più che vedere. Non riesco a rendere meglio l’idea di come si lavora qua, dell’attenzione che ognuno presta. Ma non è solo una questione professionale: sono le persone che lavorano qui ad essere fatte così.”
Henry ha molte paure, ma non teme di dargli voce. “A me fa ovviamente paura il dolore che devo affrontare. Vivo con molta angoscia soprattutto le ore notturne. Ma mi aiuta sapere che non sono solo. Con i medici condividiamo l’idea del dolore e di come affrontarla. Mi chiedono come sto, cosa voglio fare, come dormo. Lavoriamo insieme affinché io sia qui, sveglio, però non soffrendo il dolore. È un grande privilegio questo.”
Henry fa parte di un gruppo sparuto. Se infatti sono ben 500.000 le persone che nel nostro Paese hanno bisogno di cure palliative – di cui oltre 290.000 nell’ultimo periodo di vita – solo il 23% le riceve. Significa un malato su quattro.
Anche se l’accesso alle cure palliative non dovrebbe essere un privilegio bensì un diritto garantito ad ogni persona (come peraltro previsto dalla legge 38/2010), Henry continua il suo discorso animato da un sentimento di gratitudine. “Devo ringraziare la possibilità di essere curato nella fase finale della mia vita. Il sostegno che tutto il personale di Casa VIDAS mi dà per fare questo passaggio è incredibile. Ogni persona qui è altamente sensibile a quello che noi – gli ammalati – viviamo. Chi cucina, chi cura, no? Non c’è differenza, danno tutto. C’è una famiglia qui e ogni persona ne fa parte.”