Non poteva esserci cornice migliore dei meravigliosi affreschi di Palazzo Visconti per accogliere le letture, magistralmente interpretate dall’attrice Marina Senesi, di brevi estratti dei tre racconti vincitori del Premio Ucare per la Narrazione 2012 promosso dalla Fondazione Giancarlo Quarta Onlus.
Suggestivi e intensi estratti di vita, in alcuni casi piccoli quadri, immagini raccolte nel vissuto “quotidiano” non di scrittori professionisti ma di medici. Perché, come ha sottolineato la Presidente Lucia Giudetti
con il Concorso la Fondazione ha desiderato comunicare la particolare attenzione che dedica, sempre con intenso interesse, ai Medici e al loro lavoro. Il proposito era far percepire ai Medici l’elevata considerazione rivolta alla preziosa attività di Relazione con i Pazienti e dare valore, anche attraverso i racconti, alle loro esperienze e vissuti di cura. Inoltre il Concorso si proponeva di stimolare i Medici ad elaborare e alleggerire, anche con la scrittura, il pesante fardello emotivo che li accompagna nel delicato percorso di cura dei Malati critici.
“Tsunami”, “Lettoundici”, “L’ECG delle vocali” sono stati i tre racconti premiati su oltre 100 elaborati pervenuti, passati al vaglio da una giuria presieduta da Corrado Augias, il quale ha dichiarato che l’iniziativa
è importante per almeno due aspetti. Il primo è specifico: ha stimolato oltre 100 medici a scrivere un racconto. Scrivere significa riflettere sulla propria professione, in questo caso sulla condizione di medico. In un’epoca in cui anche la medicina tende a specializzarsi questo è già un bene in sé. Specializzarsi significa certo acquistare maggiore competenza ed efficacia ma per contro vuol dire anche una visione spesso parcellizzata del proprio operare. Qui – ha proseguito Augias – si innesta il secondo aspetto pregevole di quest’iniziativa: scrivere significa appunto recuperare l’aspetto umanistico della professione medica, considerare non l’organo ma l’essere umano tutto intero.
La medicina narrativa è un’esperienza volta a facilitare la riflessione, lo sfogo, la comprensione di un caso, ma anche a ricostruire un rapporto sereno con se stessi dopo un caso particolarmente sentito. Lo scopo finale è quello – come ben esplicitato anche sul sito di Ucare – di costruire “un nuovo senso rispetto alla malattia e alla nuova vita”. Una necessità per chi, come noi, opera in un settore difficile e a rischio burn-out (ricorderete il post di Alessandra in merito) ed ecco perché anche noi abbiamo da poco avviato un’esperienza analoga. Ma non voglio anticipare nulla, ve ne parlerà Barbara mercoledì. Arrivederci alla prossima puntata, intanto vi lascio al video della premiazione!