Il 12 maggio di ogni anno viene celebrata la Giornata Mondiale dell’Infermiere e l’International Council of Nurses sceglie un tema: nel 2021 l’obiettivo è quello di riflettere su “Una visione per l’assistenza sanitaria di domani”. Noi di VIDAS siamo convinti che tra le sfide che il futuro ci propone, unitamente all’ampliamento di una rete di medicina di prossimità, vi siano anche le cure palliative pediatriche, che oggi raggiungono solo 1 bambino su 20 dei 35.000 che ogni anno ne avrebbero bisogno in Italia. Abbiamo chiesto a Federico Pellegatta, coordinatore infermieristico di Casa Sollievo Bimbi, di darci una sua visione sulla professione infermieristica e il suo impatto sulla vita delle famiglie che assistiamo.
Nel contesto delle cure palliative pediatriche l’infermiere ha un ruolo molto importante perché ci troviamo ad assistere neonati, bambini, adolescenti e giovani adulti affetti da malattie inguaribili, o meglio da malattie cronico complesse, cioè condizioni che possono presentarsi nell’arco del tempo e avere una durata di presa in carico molto lunga, richiedendo il nostro intervento in diversi momenti della vita. Assistere significa stare loro accanto, supportando la loro quotidianità e restituendo qualità ad un vivere che è spesso condizionato dalla presenza della malattia.
L’infermiere può aiutare i bambini e le famiglie a trovare strategie che in qualche modo portino delle pratiche di natura assistenziale, clinica, riabilitativa all’interno della loro normalità. Si recupera così un tempo di vita all’interno di una dinamica familiare che è giocoforza diversa per ogni singolo caso. Dare sollievo per me significa rispondere in maniera rapida al bisogno di questi bambini, soprattutto di natura clinica: un esempio tra tutti è il controllo del dolore, una delle prime esigenze a cui possiamo dare risposta attraverso una individuazione precoce del sintomo.
I bambini eleggibili a cure palliative pediatriche sono bambini che richiedono molto tempo di assistenza alle loro famiglie. In uno studio è stato stimato che il caregiver che si occupa di questi bambini mediamente impegna 9 ore del proprio tempo nell’assistenza diretta a questi bambini. Questo ha una ricaduta naturalmente all’interno dell’organizzazione famigliare, all’interno di quella che è per esempio la vita dei fratelli del bambino malato. In questa circostanza possiamo dare sollievo anche accogliendo i bambini all’interno di Casa Sollievo Bimbi per un periodo definito con la famiglia, in presenza o meno dei genitori per restituire del tempo da impiegare in diversi modi: abbiamo assistito famiglie che portano gli altri figli in vacanza quando i fratelli sono qui ricoverati, altre – a volte monogenitoriali – in cui la madre o il padre avevano bisogno di qualche giorno di stacco o di tempo libero da dedicare a se stesso e alla sua rete sociale.
In questo video Federico racconta in parole semplici ciò che l’infermiere fa e come l’accoglienza in Casa Sollievo Bimbi ha fatto la differenza per Mattia e la sua famiglia:
Nella direzione di dare sollievo attraverso un’assistenza nella quotidianità, è anche il caso di Luca, un ragazzo di 15 anni con un’alterazione della capacità di relazione, quindi con una grossa difficoltà nell’entrare in relazione con il mondo che lo circondava. La mamma di Luca sentiva il bisogno di poter condividere qualche serata di libertà con le amiche, ma non aveva nessuno che potesse stare con il figlio, bisognoso di assistenza specialistica. I genitori lontani, nessun parente che potesse aiutarla, aveva perso una dinamica sociale funzionale per avere un contatto con “la normalità della vita”. Luca è stato accolto per 2 settimane in Casa Sollievo Bimbi. In un primo tempo la mamma si sentiva un po’ in colpa a lasciarlo alle cure del personale, trascorreva stava molte ore all’interno della struttura ma diceva che trovava già un po’ di respiro nel bere il caffè assieme ai nostri operatori, che magari le proponevano di stare qualche minuto con Luca intanto che lei si lavava. Progressivamente ha acquisito quella conoscenza e quella libertà nei confronti del percorso con la conoscenza dell’équipe che l’ha portata a sentirsi libera di lasciare Luca con noi una sera e di uscire a cena con le amiche.
L’infermiere quindi si occupa della persona in tutti i suoi aspetti, le sta accanto e prova a rispondere ai bisogni che spesso le malattie innescano e non riguardano soltanto l’aspetto clinico ma anche sociale, psicologico, educativo, organizzativo, intercettando la presenza di diversi bisogni e muovendo l’équipe di assistenza sul provare a dare delle risposte a questi bisogni.