Quarant’anni, ovvero la responsabilità di essere maturi. L’età in cui, dopo aver seminato e raccolto, si semina di nuovo. Se si è abbastanza forti su terreni sconosciuti. VIDAS è nata nel 1982 ed è cresciuta con un ritmo intenso , moltiplicando i numeri dell’assistenza – per pazienti raggiunti e numero di figure in équipe – e realizzando accanto all’assistenza domiciliare i setting di degenza e day hospice. Nel 2015 è stato avviato il progetto pediatrico, con figure dedicate e l’allargamento dell’offerta di cura: prima a domicilio e dal 2019 nell’hospice pediatrico Casa Sollievo Bimbi. E ha continuato a trasmettere la propria esperienza in altri territori ad altre realtà, ma restando radicata a Milano e in Lombardia.
Giorgio Trojsi, direttore generale VIDAS, c’era al tempo della prima semina e ha vissuto l’intera parabola della crescita, dai cinque dipendenti in un appartamento, ai 200 collaboratori attuali nella sede al Gallaratese che ospita, oltre agli uffici, gli hospice per pazienti adulti e pediatrici, Casa Vidas e Casa Sollievo Bimbi. Oggi, sono al via tre nuovi progetti: una struttura residenziale all’altro capo della città, una nuova rete di assistenza, un incubatore di terzo settore.
“In una fase iniziale è stata la volontà di dare esito a un bisogno che non trovava risposte e la capacità di costruire passo dopo passo un modello di assistenza rintraccando le risorse per finanziarlo. La convinzione di Giovanna Cavazzoni era che i malati dimessi dagli ospedali perché dichiarati allora incurabili, avessero, invece, diritto all’assistenza e potessero essere curati, insieme alle loro famiglie. Non c’era neanche il nome palliativo, ma quando i volontari di VIDAS hanno iniziato ad assistere i primi malati, è stato chiaro che occorrevano molteplici competenze, mediche, infermieristiche, sociali, psicologiche per rispondere ai loro bisogni. Attorno a quest’idea di complessità si sono costituite le équipe multidisciplinari, con operatori socio sanitari che hanno affiancato i volontari, per garantire ai pazienti tutta l’assistenza necessaria con reperibilità 24 ore su 24.
Giovanna Cavazzoni ha avuto poi la capacità, straordinaria, di costruire un sistema virtuoso di generosità intorno al suo operare e, man mano che l’organizzazione è cresciuta e si sono rese necessarie più risorse finanziarie, ha saputo tenere vivo lo slancio iniziale, rispondendo anche ad altri bisogni. La storia di VIDAS è una storia di crescita quantitativa ma anche di costante ricerca della qualità dell’assistenza, integrando umanità e professionalità. Qualità che viene riconosciuta da chi riceve le nostre cure, come testimoniano le indagini di customer satisfaction condotte periodicamente.
Nel corso degli anni, si è allargato il ventaglio delle malattie eligibili alla presa in carico, non più solo le varie forme di cancro ma tutte le insufficienze d’organo. Sotto la spinta delle richieste di famiglie che non trovavano risposte ai loro bisogni, si è costruito un ambito d’intervento specifico per i pazienti pediatrici. Ancora una volta con un progetto sperimentale, partito dalle pochissime esperienze presenti in Italia, nessuna in Lombardia.”
“Senz’altro è così: una capacità, un atteggiamento che caratterizzano il terzo settore. Va detto, però, che il modello della sanità lombarda, dove l’ente pubblico è attento alle iniziative del privato sociale virtuoso, è stato il giusto contrappunto alla natura innovativa di VIDAS. Casa Sollievo Bimbi, l’hospice pediatrico costruito con fondi propri e aperto a giugno 2019, è stato accreditato dalla Regione già a settembre dello stesso anno – con un perfetto parallelismo con quel che era accaduto nel 2006 con Casa VIDAS, l’hospice per adulti.
“I pazienti cronici complessi e fragili sono malati, soprattutto anziani, con una o più patologie croniche che, dimessi dall’ospedale, sono soggetti elettivi di cure domiciliari a bassa intensità. La continuità assistenziale a casa loro evita i numerosi accessi, spesso impropri, al pronto soccorso. Abbiamo maturato questo progetto nel corso degli ultimi due anni, quando il progredire della pandemia ha messo in evidenza i limiti della medicina territoriale: l’enorme pressione a cui i Medici di Medicina Generale hanno dovuto fare fronte ha messo a dura prova l’organizzazione del territorio, mostrandone tutta la fragilità.
Abbiamo ritenuto che, anche se si tratta di pazienti con un’attesa di vita mediamente più lunga delle cure palliative, ci è parso doveroso mettere a disposizione la nostra capacità organizzativa anche per questa tipologia di malati.”
“Da metà 2021, grazie a una partnership con l’ospedale San Raffaele, abbiamo creato una micro-équipe che ha già seguito 60 pazienti, dimessi dal reparto di Medicina Generale e delle Cure Avanzate dell’ospedale. Entro il 2022 prevediamo di poter arrivare a 200 pazienti in linea. Un ruolo indispensabile nel progetto devono averlo i medici di medicina generale, naturali interlocutori dei malati sul territorio, per realizzare una rete di cura capillare che si avvalga anche della telemedicina.
Il progetto è stato già condiviso con la Regione Lombardia in un’ottica profondamente cambiata rispetto agli anni Ottanta, quando VIDAS faceva campagne di denuncia per i malati terminali che vivevano in uno “Stato di abbandono” scritto in una delle prime pubblicità VIDAS con la esse maiuscola. Oggi l’advocacy, l’azione di sensibilizzazione nei confronti della Pubblica Amministrazione, si fa prevalentemente attraverso percorsi di co-progettazione.
L’ambizione è che il modello sia replicabile su scala molto più grande, per una platea di pazienti estremamente ampia, legata all’evoluzione della nostra società e al suo inarrestabile invecchiamento. Invecchiamento che si somma alle malattie che si cronicizzano e portano a una crescente fragilità”.
“Il progetto ‘Più vita agli anni’ si rivolge alla stessa tipologia di malati in situazioni di grave fragilità che stiamo seguendo a domicilio, che oltre ai problemi di salute si trovano anche ad affrontare condizioni di difficoltà familiari, sociali e abitative. Persone che non possono essere seguite nella loro abitazione, ma che non sono in condizioni tali da giustificare il ricovero in hospice. Hanno una prospettiva di vita più lunga dei nostri degenti ed esigenze di cura diverse, di tipo più assistenziale che medico e infermieristico. Così, abbiamo pensato a un contesto con mini-appartamenti, integrati in una rete di assistenza a bassa intensità. È nata quindi l’idea di un progetto residenziale che però non portasse all’isolamento degli ospiti della struttura, ma fosse concepito secondo uno scambio virtuoso con la città e la comunità del quartiere.
Con un bando del Comune di Milano a cui abbiamo partecipato, è stata assegnata a VIDAS Cascina Casanova, all’interno del parco Forlanini, una struttura che richiederà una radicale ristrutturazione in quanto al momento fatiscente.
Stiamo lavorando alla definizione degli spazi della cascina per realizzare un’integrazione tra generazioni con cui valorizzare la freschezza dei giovani e l’esperienza degli anziani. Accanto alla residenzialità degli anziani, infatti, in Cascina Casanova saranno collocate, grazie alla collaborazione con altre realtà del mondo non profit, anche attività di formazione professionale e avviamento al lavoro per giovani in condizione di fragilità sociale, con spazi di tipo commerciale, di ristorazione o di svago aperti al pubblico. Ai ragazzi sarà chiesto un impegno di volontariato nei confronti degli anziani, esperienza altrettanto formativa di quella professionale.”
“L’esperienza in formazione e ricerca è un altro patrimonio che VIDAS desidera mettere a disposizione di altre realtà sul territorio italiano. Attraverso un sistema di bandi, la nostra competenza non solo clinica ma valoriale, organizzativa, sanitaria e strutturale, verrà trasferita concretamente mettendo a disposizione anche un finanziamento economico. Abbiamo dato a questo progetto il nome di Campus VIDAS proprio per sottolineare la connotazione virtuale e reale di trasmissione del sapere. Il primo bando, individuato il territorio in cui proporlo, sarà lanciato entro quest’anno, ancora con la collaborazione della School of Management della Statale.”
“Penso di sì. Con la sua straordinaria sensibilità nell’indagare bisogni, acuta sin dall’adolescenza, non avrebbe che potuto aderire e sostenere i progetti di oggi. Mettendoci la sua firma con il coraggio e l’impegno di sempre”