La legge 38/2010 evidenzia la necessità di definire percorsi formativi omogenei per i volontari che operano nelle cure palliative su tutto il territorio nazionale, in grado di dare maggiore strutturazione all’attività formativa e la garanzia che il volontario possa acquisire una competenza che superi la personale iniziativa spontanea. La figura del volontario è considerata parte integrante dell’équipe multidisciplinare e presenza indispensabile per un’efficace assistenza in cure palliati
In questo articolo cercheremo di spiegare meglio in cosa consiste questo percorso di selezione e formazione dei volontari in cure palliative, anche in VIDAS, attraverso le parole e l’esperienza di Roberta Brugnoli, da 20 anni responsabile della selezione e formazione dei volontari VIDAS.
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Per rispondere al bisogno di una formazione omogenea per i volontari nelle cure palliative la Federazione Cure Palliative ha messo a punto dei documenti che vogliono essere delle linee guida per le associazioni sul territorio nazionale. Tuttavia, ogni associazione segue dei percorsi personalizzati e in particolare in VIDAS il percorso di selezione e formazione è particolarmente articolato, come vedremo in seguito.
La selezione del volontario in cure palliative è un processo composto da diversi step necessari per una conoscenza approfondita delle caratteristiche dei candidati ed è parte del progetto formativo. Ecco perché tutte le persone che desiderano esercitare attività di volontariato all’interno di un servizio di cure palliative devono seguire un percorso formativo articolato in quattro fasi:
La selezione ha lo scopo di valutare l’idoneità dell’aspirante volontario attraverso un primo colloquio conoscitivo svolto con uno psicologo o un’altra figura che possegga competenze relazionali e nella comunicazione verbale e non verbale.
Non si esaurisce con l’ammissione alla formazione di base, ma prosegue anche durante il corso e il tirocinio, proprio perché è un percorso di conoscenza di sé e degli altri che non finisce con un semplice incontro iniziale, ma prosegue per tutta la durata del periodo formativo.
In seguito al colloquio di selezione, i candidati ritenuti idonei hanno l’obbligo di partecipare ad un corso di formazione di almeno 12 ore, in cui apprendono le competenze necessarie per diventare volontari nei servizi domiciliari e residenziali delle reti di cure palliative e terapia del dolore. L’apprendimento prevede momenti di didattica formale alternati a tecniche interattive che richiedono la partecipazione attiva dei volontari (lavori di gruppo, discussione di casi, role-playing), e che costituiscono anch’esse momenti importanti di valutazione da parte del responsabile della selezione e da parte del volontario stesso.
Il tirocinio è un periodo di formazione sul campo della durata non inferiore alle 20 ore, in cui il candidato svolge attività di assistenza ai pazienti e ai familiari con l’affiancamento di un tutor, ossia un altro volontario con un’esperienza consolidata. Il tutor supporta il tirocinante nel processo formativo e verifica il grado del suo apprendimento in itinere.
La valutazione finale viene effettuata dal responsabile del processo formativo che acquisisce il parere del tutor ed effettua un colloquio finale con il tirocinante, al termine del quale, se l’esito è positivo, viene convalidato lo status di nuovo volontario dell’associazione.
Ai volontari deve essere garantita un’adeguata formazione permanente, la cui partecipazione è obbligatoria. Obiettivi di questa formazione sono:
Queste sono le linee guida generali, ma dobbiamo tenere presente che ogni associazione definisce all’interno della propria organizzazione le modalità concrete di selezione, sulla base del contesto in cui opera e dei propri obiettivi, a partire da una specifica strategia di reclutamento.
Abbiamo chiesto a Roberta Brugnoli, responsabile della selezione e formazione dei volontari VIDAS, di raccontarci come avviene questo processo selettivo e formativo in VIDAS e se ci sono specificità rispetto ad altre realtà dello stesso settore.
Roberta ci ha raccontato che per l’associazione il primo contatto è telefonico ed è il momento in cui si verificano i requisiti di base per diventare volontario in VIDAS, ma è anche l’occasione per una prima impressione rispetto agli aspetti più caratteriali e attitudinali.
Dopo questo primo filtro le persone vengono convocate per una riunione generale (la cosiddetta selezione generale), in cui possono presentarsi e raccontare cosa si aspettano da questa esperienza. In questa occasione si prende appuntamento per un colloquio individuale di circa un’ora: nella prima mezz’ora si analizzano le singole situazioni e la disponibilità di tempo, la seconda mezz’ora invece si svolge con lo psicologo.
Roberta ci spiega con queste parole l’importanza di questo primo momento di incontro:
“La selezione non è una fase in cui si decide se una persona è idonea o no, ma è l’inizio di percorso di conoscenza reciproca in cui si prende consapevolezza e si scoprono insieme quali possono essere le criticità che possono ostacolare un cammino di volontariato”.
In caso di criticità si valuta se ammettere con riserva, rimandando ad un secondo colloquio la decisione finale. Anche per questo le selezioni in VIDAS durano anche un anno, un anno e mezzo. Anche la formazione iniziale fa parte di questo lungo percorso di accompagnamento al volontariato: alcune competenze vengono insegnate nel corso di base che consiste in 12 incontri di mezza giornata, cioè più di 40 ore, altre invece nella formazione permanente, anche in base al percorso personale di ognuno, alle sue relazioni, al suo modo di essere.
La formazione permanente in VIDAS è obbligatoria e dura per tutto il percorso in cui il volontario presterà servizio. I primi due anni si svolgono attraverso incontri di gruppo con lo psicologo, il quale svolge una sorta di supervisione psicologica sulle reazioni degli aspiranti volontari alle prese con le prime assistenze. Al termine di questi primi due anni il volontario può scegliere tra diversi tipi di formazione: continuare un percorso di gruppo con lo psicologo o scegliere percorsi di approfondimento su tematiche specifiche, come il gruppo di ricerca sulle cure palliative pediatriche oppure il gruppo di narrazione.
“Il percorso poi viene costruito insieme ai volontari, e questo vuol dire che chi ha maggiore esperienza viene chiamato a condividere quali potrebbero essere i bisogni formativi e insieme si propongono nuovi percorsi: da qui è nato per esempio il corso di narrazione che è diventato un laboratorio permanente”.
Il tirocinio dura almeno 6 mesi, al termine del quale viene conferito lo status di volontario, che in VIDAS, più che in ogni altra associazione, significa diventare parte integrante dell’équipe di cure palliative.
A dieci anni dalla legge 38/2010, il 09 luglio 2020 la Conferenza Stato Regioni ha raggiunto l’Intesa sui percorsi omogenei di formazione dei volontari che operano nella rete di cure palliative, riconoscendo di fatto il ruolo fondamentale del volontariato in cure palliative e l’esigenza di attivare profili formativi omogenei su tutto il territorio nazionale.
Anche Roberta ci dimostra la sua soddisfazione per il raggiungimento di questo importante traguardo:
“L’Intesa nazionale è un grosso riconoscimento, sia per le cure palliative sia per il volontariato. Perché il volontariato supplisce anche delle carenze a livello pubblico, istituzionale, e quindi è importante che i volontari acquisiscano quella professionalità che consente loro di svolgere la propria attività e dialogare con le istituzioni per essere d’aiuto e non rispondere soltanto ad un bisogno personale. Inoltre, l’intesa non riconosce solo la necessità della formazione per i volontari, ma fornendo delle linee guida dà un peso a un volontariato che di fatto c’è e ha una sua ragione di essere se opportunamente preparato”.
In conclusione, la selezione e la formazione del volontario in cure palliative costituiscono un processo delicato che richiede esperienza e conoscenza approfondita del contesto associativo, del territorio in cui si opera e del ruolo del volontario in cure palliative. Non è la formazione che fa il volontario, ma questa può valorizzarne capacità e le attitudini che vengono valutate in sede di selezione.