Quando mi chiedono perché sono dalla parte di VIDAS, e perché come giornalista quando posso (ma non abbastanza) do una mano, non ci sto a pensare troppo. Dico una cosa semplice, come i miei genitori quando da bambino ponevo domande inutili o fuori luogo. Dico: “Perché sì”.
Perché ci sono cose, cose della vita, che devi fare perché fanno parte, appunto, della vita. E occuparsi del dolore, e della possibilità di alleviarlo con cure palliative o con la semplice quanto benedetta e umana “presenza”, è una di quelle cose che devono rientrare nel nostro codice morale più intimo senza che nessuno ti spieghi troppo perché bisogna farlo. È una di quelle cose fondamentali, come le tabelline a scuola. Lo so, sembra il discorso di un paleolitico. Cose poco “fashion”, che qualche anno fa, soprattutto prima della pandemia, non avrei mai detto. Credo però che ora bisogna pronunciarle un po’ più forte, più energicamente, certe parole.
Le malattie, il dolore, non si possono bandire con un decreto o girando gli occhi da un’altra parte.
Mi viene in mente ancora mia madre quando mi costrinse a fare i conti – forse per la prima volta – con il fatto che si può perdere qualcuno cui si vuol bene. Quella persona era una mia zia, zia Emma, che prima ancora che fisicamente ci stava lasciando con la testa. Non era facile andarla a trovare, a volte riconosceva, a volte no. A volte diceva perfino cose buffe. Ripeteva sempre che “l’acqua San Pellegrino era proprio buona. Ma buona, sapete … “. L’acqua non c’entrava niente con quello si diceva, ma lei imperterrita andava avanti con la storia dell’acqua. A me dissero che era meglio lasciar perdere, di non andare. Che mi avrebbe fatto male, vederla così.
Invece mia madre fu irremovibile. La vita è la vita, e nella vita ci sta anche che la zia stia male. Aggiungendo che anche i più piccoli devono imparare che non è tutto un gioco. Che esistono le malattie e anche purtroppo il momento in cui qualcuno ci lascia.
E cosi andai dalla zia Emma, tutto preoccupato che mi facesse continuamente bere l’acqua San Pellegrino. Invece mi riconobbe subito, e mi regalò un fantastico giornalino, Cocco Bill, di cui ero un fanatico lettore. Quella fu una lezione istruttiva. Il dolore lo si supera condividendolo, a volte con il magone, a volte perfino divertendosi assieme. Ecco perché sono dalla parte di VIDAS, dei suoi medici e dei suoi volontari, del testamento biologico, del Day Hospice pediatrico e di tante altre preziose iniziative che VIDAS porta avanti con tenacia e coraggio. Mia zia direbbe: ma è proprio buona l’acqua di VIDAS!