Un libro per ragazzi. Forse. O forse un libro per ragazzi e ragazze ma non solo!
Leggere “Storia di una principessa e della sua forchetta” di Annalisa Ponti ha voluto dire per me fare un bel tuffo nel passato, ritrovandomi catapultata in una realtà lontana – persino magica – ma dove ho ritrovato dinamiche relazionali vicine e straordinariamente attuali. Le stesse dinamiche che viviamo quotidianamente non solo come uomini e donne ma anche come professionisti delle cure palliative.
Noi che ci vantiamo di essere abituati al confronto d’équipe. Noi – e io in primis – che ci mettiamo talvolta i panni di Teodora per poi subito abbandonarli e indossare quelli di Piero oppure di Caterina oppure di Ernesto oppure del doge o della dogaressa… Noi che difficilmente abbandoniamo le nostre vecchie abitudini perché ciò che è vecchio e, quindi, noto ci rassicura anche se è diventato anacronistico… Noi che utilizziamo le parole con grande maestria senza accorgerci che talvolta sono lame taglienti… Noi che sappiamo buttare il cuore oltre l’ostacolo e abbiamo compreso il grande valore del lavorare insieme per un unico obiettivo e ci proviamo anche se costa fatica… e sì, perché alla fine, Teodora e la sua forchetta sapranno sorprenderci!
Così è la vita – ho pensato quando ho finito di leggere “Storia di una principessa e della sua forchetta” – ed è per questo che ho chiesto alla sua autrice – una mamma e amica capace di relazioni autentiche – il permesso di parlarne proprio qui. Perché è un libro che parla di vita e parla di noi.
Chi di voi mi ha conosciuto in questi anni di blog sa che non amo svelare molto dei libri che presento perché penso che troppe parole possano influenzare il lettore. E quindi anche in questo caso non vado oltre: se vi lascerete condurre per mano da Teodora, posso tuttavia assicurarvi un viaggio sorprendente e che vi farà venire voglia di non viaggiare più soli.