I percorsi di alcuni nostri volontari sono lineari. Altri invece prendono strade che girano, curvano e poi si ricongiungono in un grande cerchio.
“Per molto tempo sono stata associata ad AIL”, comincia così il racconto di Patrizia Burgatto, volontaria. “Come riconoscenza per lo splendido lavoro che avevano fatto con mio figlio Gabriele, che quando aveva 7 anni si è ammalato di leucemia linfoblastica. Parlo di 25 anni fa, quando le terapie non erano esaustive come oggi e siamo andati avanti con la chemio e con la radio per cinque anni. Per fortuna è andato tutto bene, oggi ha 32 anni e una bella vita!” sorride sollevata Patrizia al ricordo di quei momenti spaventosi.
Per quanto Gabriele si trovasse in un ospedale di altissimo livello, non tutto andava come Patrizia avrebbe sperato. “Purtroppo ho avuto una bruttissima esperienza con delle assistenti sociali poco empatiche, che entravano anche con molta irruenza nel modo in cui venivano vissute le terapie, dai bambini e dai genitori. Un giorno una di queste assistenti sociali disse a Gabriele, che aveva la flebo della chemio nel braccino, ‘Cosa ti lamenti, tanto tra un paio di giorni vai a casa’. E Gabri le rispose ‘Vorrebbe essere al mio posto?’”
C’era molta noncuranza, secondo Patrizia, e la vedeva rivolta anche verso le altre mamme intorno a lei. E così le venne un’idea: creare un centro di ascolto, che potesse sopperire un po’ a quelle mancanze che tutte loro percepivano.
“Il percorso di cura di Gabriele è durato quasi 5 anni, è stato lento e doloroso, perché nessuno poteva darci mai la certezza che sarebbe andato tutto bene. La cosa che a me ha più aiutato in quel periodo è stato creare questo gruppo di ascolto con le madri dell’ospedale.”
Patrizia racconta che si incontravano di sera, all’ultimo piano, in una piccola stanza sempre un po’ in penombra, con un angolo cottura che attirava l’andirivieni di persone che entravano per prepararsi una minestrina o il caffè. E poi c’era un silenzio, un silenzio profondo, un silenzio dove sentivi di non poter penetrare mai. Il silenzio di mamme e papà che – forse – non avevano il coraggio di dire a sé stessi che i loro figli erano malati, che sarebbero morti. Patrizia decide di rompere questo silenzio con delle parole – come dice lei – “piccole”.
“Quando ci incontravamo al gruppo di sera chiedevo ‘Com’è andata la giornata da 1 a 10?’ oppure ‘Come stai da 1 a 10?’. Usavo piccole parole, per ricevere piccole risposte”.
E pian piano la voce gira e si diffonde la notizia che c’era all’ultimo piano dell’ospedale un gruppo per genitori con le stesse paure: paura della morte, paura della malattia, paura di non farcela. “Alcune mamme, che non riuscivano proprio a parlare del loro dolore, scrivevano dei bigliettini che attaccavano alle piastrelle della cucina. Scrivevano ‘Oggi sono stata male, mio figlio è stato male, non ce la faccio’ oppure ‘Oggi sto meglio, mi sono truccata, sono riuscita a leggere un libro”. Piccole frasi che testimoniavano quel bisogno di ascolto che Patrizia aveva intercettato.
“Con il tempo si sono aggiunte altre mamme a tenere il gruppo e io lentamente me ne sono distaccata. Ho continuato a partecipare attivamente, facevo i banchetti e le fiere come volontaria AIL, ma quando mi hanno chiesto di passare dai banchetti all’assistenza ludica e, quindi di giocare con i bambini malati, ho preferito dire di no. Anche se sono passati tanti anni, l’esperienza vissuta con mio figlio Gabriele la sento ancora addosso sulla mia pelle e non credo che riuscirò mai a fare la volontaria d’assistenza, però volevo comunque continuare ad aiutare, sentivo di avere ancora tanto da dare e quattro anni fa, su consiglio di mia cognata, che era un’amica di Giovanna Cavazzoni, sono arrivata in VIDAS come volontaria delle attività promozionali”.
Oggi Patrizia lavora soprattutto nei negozi solidali di VIDAS a Natale e nel piccolo punto in Casa VIDAS. “Mi piace perché supporto le attività di Casa Sollievo Bimbi e posso parlare con le persone che acquistano i nostri prodotti solidali e ascoltare le loro storie – alcune veramente incredibili – di quanto VIDAS abbia fatto per persone che hanno perso la madre, il padre, il figlio. Mi piace sempre quando parlano dell’importanza dell’ascolto, di quanto li abbia fatti sentire bene avere qualcuno che li ascoltasse,” dice con un pensiero rivolto alla sua esperienza diretta in ospedale. “Al di là dell’acquisto solidale, si crea uno spazio empatico – e quando si crea si sente subito – ed è capitato più di una volta che un cliente tornasse a raccontare come stava. Si ricollega molto bene alla mia esperienza di 25 anni fa e di quanto sia importante captare la necessità dell’altro con parole che siano utili. Il rapporto empatico è un rapporto che viene spontaneo.
“A volte la semplicità di un sorriso, la semplicità di tendere l’orecchio, aiuta. VIDAS mi ha dato l’opportunità – seppur io non riesca più a stare a contatto con le persone malate terminali come allora – di entrare in punta di piedi nelle vite degli altri, anche se dall’interno di un negozio.”
Il ricavato delle attività promozionali, come i Christmas Shop, e degli eventi, come i concerti di raccolta fondi, sostengono Casa Sollievo Bimbi, il primo hospice pediatrico della Lombardia, un luogo di sostegno e cura per bambini e adolescenti con malattie inguaribili e un spazio sicuro per le loro famiglie, dove possono trovare supporto e ascolto, in un cerchio che si apre e si chiude. “E questo mi fa bene” conclude sicura Patrizia, con un bellissimo sorriso.
Stiamo cercando volontari per le attività promozionali! Se hai tempo libero e pensi di poterci aiutare almeno un giorno a settimana, contattaci scrivendo a formaz.volontari@vidas.it oppure alla sezione del sito dedicata: https://www.vidas.it/volontari/