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18.09.2018  |  Cultura

Vidas con gli occhi dei ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro

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Oltre ad avermi spiegato come funziona un’associazione avete aggiunto al mio bagaglio di vita una consapevolezza non scontata: non importa arrivare al traguardo, ma in che modo, dare valore al percorso, alle parole, ai gesti, a tutto quello che ci farà arrivare alla fine con uno sguardo sorridente. (…) Mi rendo conto di aver avuto una crescita emotiva perché quando ho servito i pasti nelle camere, non ho avuto paura di entrare con il sorriso, mi è piaciuto molto e per questo ringrazio tutte le persone che lavorano qui per essermi sempre state vicine e aver reso possibile questa crescita.
Camilla

Davanti ad argomenti come la vita e la morte paradossalmente la cosa che conta di più può essere una piccola carezza, un semplice sorriso, il modo in cui porti da mangiare al paziente (…) penso che questa esperienza mi abbia lasciato moltissimo, ho capito che la vita è veramente un bene prezioso e ognuno di noi ha la responsabilità di non buttarla via. È sbagliato infatti vivere come se non si dovesse mai morire; la morte esiste e quindi ogni attimo di vita è fondamentale.
Simona

Camilla e Simona, ma anche Arianna, Tommaso, Rebecca, Matteo, Isabella, Viola e tanti altri sono state le ragazze e i ragazzi che in corso Italia e in hospice hanno lasciato un segno, e non parlo tanto delle bellissime testimonianze scritte elaborate alla fine del percorso di alternanza scuola-lavoro ma dei loro volti, degli sguardi, dell’attenzione, della curiosità, della capacità di cogliere i piccoli particolari nei gesti di operatori e volontari.

Ragazzi e ragazze con percorsi di studi diversi, di età ed esperienze diverse, ma uniti da una straordinaria voglia di scoprire, di vivere emozioni, di essere critici e di confrontarsi con un mondo per fortuna ancora lontano da loro, ma di cui hanno dimostrato di non avere paura. Accompagnati dai volontari, tutor insostituibili e preziosi, sono entrati nelle stanze dei malati, hanno giocato a carte e chiacchierato con i parenti, hanno servito pasti e hanno condiviso storie ed esperienze degli operatori rendendoci in qualche modo più ricchi. Sì, perché ogni volta anche noi adulti impariamo qualcosa da loro. Sì, anche noi adulti, troppo spesso facili ai giudizi frettolosi, pronti a imporre i nostri modelli come quelli giusti per forza perché “ai miei tempi….”. Forse l’interrogativo che sorge spontaneo è se noi siamo capaci di ascoltarli, di rispettarli, di non darli per scontati, di non omologarli sempre e comunque ad un ordine prestabilito privandoli spesso dei loro sogni.

Alberto Malliani, nel discorso di inaugurazione dell’hospice Casa Vidas nel 2006, diceva:

Io credo che i sogni siano un’entità individuale, ma credo anche che siano un bene comune. Un bene comune fra le poche spinte che ha l’umanità per osare, per andare oltre questo meccanicismo che rende opaco l’orizzonte e tutto il resto. E io credo che i genitori debbano sognare, perché è l’unico modo che abbiamo per insegnare a sognare ai nostri figli. E se i nostri figli non sogneranno io non credo che avremo un futuro migliore del presente.

Grazie ragazze e ragazzi di averci permesso di guardarci attraverso i vostri occhi, speriamo nell’anno che vi aspetta possiate e vogliate ancora condividere con noi un pezzetto del vostro cammino. Noi vi aspettiamo.

I lavori dei ragazzi sono visionabili sul nostro sito nella pagina dedicata al progetto.

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