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È il 1982, Luigi – classe 1963 – è in casa di passaggio, come accade quando si hanno 19 anni. Un’amica di sua madre, Giovanna Cavazzoni, viene a farle visita per raccontarle di un progetto che ha in mente, all’epoca visionario: vuole creare un’associazione con medici e infermieri affiancati da volontari che si prendano cura dei malati inguaribili, quelli che gli ospedali rimandano a casa senza speranza, abbandonandoli al loro destino.
Luigi ascolta per caso, ma rimane impressionato da questa idea rivoluzionaria, che di lì a poco dà vita a VIDAS, organizzazione che oggi assiste più di 2.100 malati inguaribili ogni anno, a domicilio e nei suoi due hospice Casa VIDAS e Casa Sollievo Bimbi.
Mentre ascolta il sogno di Giovanna, Luigi è nel pieno della giovinezza. Tra università, sport e amici, però, è in cerca di un impegno di tipo diverso. Per la politica non si sente portato, ma l’idea di fare volontariato in un’associazione come quella che ha in mente Giovanna lo conquista. Così le chiede di poter partecipare al primo corso per volontari domiciliari di VIDAS e da qui inizia la sua avventura nel cuore dell’associazione, che prosegue da oltre 40 anni.
Il primo corso si tiene nell’Aula magna dell’Istituto dei Tumori di Milano e dura circa sei mesi, per accedere bisogna effettuare due colloqui con gli psicologi più un test psicoattitudinale con 500 domande. Si sta costruendo una nuova strada: a quell’epoca, infatti, non esiste volontariato per assistere i morenti. Gli insegnanti sono di alto livello, tra loro anche Vittorio Ventafridda e Umberto Veronesi. Un’attenzione alla preparazione dei volontari che persiste in VIDAS, dove anche oggi è loro dedicata una formazione iniziale e un supporto psicologico permanente.
A parte la famiglia, che lo vede sereno e soddisfatto dell’impegno preso, nessuno sa che cosa fa Luigi per VIDAS. Lui, in generale, è pudico sulle proprie emozioni. A quell’età, poi, le amicizie profonde si devono ancora cementare. Inoltre il tema del fine vita, e della morte da cancro soprattutto, è scabroso, non se ne parla. Spaventa, perché in quegli anni di tumore non si sa quasi niente, viene chiamato il “male oscuro”. Una paura diffusa, tanto che nei primi tempi del volontariato di Luigi, quando nei palazzi in cui vivono i “suoi” malati si sparge la voce che il ragazzo va a trovarli, i vicini lo evitano e non prendono più l’ascensore con lui, per paura di essere contagiati. Così decide di salire sempre a piedi, per non creare problemi.
Il volontariato in VIDAS ha attraversato tutta la vita di Luigi: dalla giovinezza, alla prima maturità, passando tra matrimonio, lavoro, figli, per arrivare alla “terza età”, come la chiama già lui. In tanti anni non c’è stato mai un momento in cui abbia pensato di smettere, la motivazione è rimasta sempre alta: da più di 40 anni continua a fare visita ai malati inguaribili una volta a settimana, anche di più, se la situazione lo richiede. Come accade in questi giorni, per esempio, in cui si prende cura di un malato che è completamente solo.
Tanti i gesti e le parole dei centinaia di malati e familiari che Luigi ha incontrato in questi anni e che popolano in modo indelebile la sua memoria. Il rammarico è di non aver tenuto un diario dei suoi assistiti fin da subito, ma solo negli ultimi vent’anni. Perché trova conforto nel ripercorrere i suoi appunti con le storie, i nomi e i luoghi delle famiglie che ha affiancato.
Da circa 25 anni fa parte del Consiglio di amministrazione di VIDAS ed è anche vicepresidente, cariche che ricopre per senso di responsabilità, per mettere a servizio dell’organizzazione anche le sue competenze professionali, come gli ha chiesto Giovanna Cavazzoni. Ma il suo primo interesse è fare il volontario, supportare i malati e le loro famiglie.
Alla domanda cosa si sente di dire alle persone, giovani o mature, che desiderano fare volontariato ma non sanno da dove iniziare, risponde sicuro: “La verità è che mettersi a disposizione degli altri fa bene all’anima. Si può fare anche senza aderire a una forma di volontariato organizzato, semplicemente essendo un buon amico, un buon padre, un buon marito o un buon collega di lavoro.”
“Si può dire che l’esperienza di volontariato in VIDAS sia ancora rivoluzionaria. La nostra società, infatti, tende sempre più a sottovalutare il dolore e la morte, perché in realtà non è in grado di affrontarle, pur essendo qualcosa con cui tutti prima o poi dovremo avere a che fare.”
“La fine della vita ci mette inevitabilmente di fronte al senso dell’esistenza, sempre affannosamente cercato da tutti. Solo facendo pace con la sofferenza e la perdita, comprendendole e accettandole, potremo trovarlo. Credo che accompagnare qualcuno nell’ultimo tratto della sua esistenza possa insegnarci molto e che possa, forse, aiutarci ad arrivare un po’ più preparati”.
VIDAS può contare su 391 volontari attivi tra ambito assistenziale e ambito di promozione e raccolta fondi. I volontari sono da sempre una delle colonne portanti di VIDAS e grazie alle quasi 7000 ore di disponibilità all’anno offrono un aiuto preziosissimo alle nostre équipe multidisciplinari e all’area Eventi. Grazie!